Transmedia storytelling: Trasposizioni
Ripetizione rituale e sviluppo narrativo
Abstract
La serialità moderna condivide numerosi aspetti con quella che potremmo chiamare serialità primaria, differenziandosi sostanzialmente da essa per la presenza di una periodicità alla sua base. A separarle storicamente sta la nascita e lo sviluppo del romanzo, come forma narrativa unitaria, la cui esistenza stessa permette il porsi del problema teorico della natura della serialità. Ma tra la serialità primaria e quella moderna si trova anche la nascita e lo sviluppo della stampa periodica, la quale finisce per essere il modello della nostra serialità. Nella comprensione del rapporto tra serialità e narrazione, giocano un ruolo particolare le saghe, le più difficili da ricondurre al modello narrativo standard. È possibile osservare che in alcune saghe la dinamica narrativa non è in verità al centro dell’interesse del lettore, e si limita a costruire il quadro di una sorta di accesso al mito. Che cosa succede, infine, quando la serialità moderna si riavvicina a quella primaria, neutralizzando la periodicità (per esempio, attraverso la pubblicazione dei telefilm nel Web)?Parole chiave
serialità; semiotica; narratività; fumetto; mito
L’articolo intero si trova qui, su Between.
Ti aspetto a Bogota. Quando sará questo?
Complimenti per l’articolo che ho trovato molto interessante e vorrei porle a proposito un paio di domande.
Il fumetto supereroico americano può vantare ormai una serializzazione di oltre ottanta anni, serializzazione di tipo tipicamente secondario in quanto, come lei spiega nel suo articolo, legata alla scrittura e alla necessità di limitazione. Da questo lungo flusso periodo vengo, sempre più spesso, estratte delle raccolte, dei momenti, e sempre più spesso molti lettori abbandonano la lettura periodica per limitarsi alla lettura più sporadica di questi raccolti. Quello che mi chiedevo e se in questa tendenza sia possibile riscontrare meccanismi tipici della serialità più primaria che non secondaria. In altre parole la periodicizzazione mensile ha assunto la forma di substrato ininterrotto su cui è possibile rintracciare altre forme di serializzazione.
Una seconda domanda invece riguarda “l’effetto Flash Gordon” lei sostiene che testi letterari nei quali la conquista dell’oggetto di valore è un obbiettivo cruciale poco sono adatti a produrre tale effetto, eppure pensando a Sherlock Holmes trovo che sia stato in grado di produrre “l’effetto Flash Gordon” in un genere tipicamente chiuso e poco incline come il giallo.
Rispetto alla prima domanda, direi che sono d’accordo. Quello che succede con la lettura delle raccolte è simile a quello che descrivo in fondo all’articolo sulla fruizione via Web delle serie televisive. Cade la periodicità, ma non l’effetto seriale, e in questo senso ci riavviciniamo alla serialità primaria. Del resto è un obiettivo che DC e Marvel hanno perseguito da sempre, con tutte le analogie con il mito greco che hanno messo in gioco.
Sulla seconda domanda, quello che dico è che i generi narrativamente forti (come il giallo) sono poco adatti a produrre effetto Flash Gordon, perché esso rimarrebbe comunque in ombra, un po’ soffocato dalla pregnanza della storia. Non è che non possa esserci quindi. Inoltre, SHerlock Holmes nel suo insieme è a sua volta una serie. Se sono immerso un ciascun singolo episodio, probabilmente la ricerca del colpevole sarà al centro della mia attenzione. Ma quando penso alla serie nel suo insieme, possono sicuramente balzarmi agli occhi altri aspetti, più di costruzione mitica (e Doyle lo sa fare bene, questo): non sono più immerso nel singolo racconto, e quindi l’effetto Flash Gordon non è più soffocato dalle sue impellenze. Probabilmente questa è comunque una differenza tra lo stile di Conan Doyle, e quello, poniamo, di Agatha Christie, la quale è bravissima, ma probabilmente meno interessata a mitizzare i suoi personaggi.