A proposito di funzionalismo e prospettive, non è detto che si trovino sempre assieme. Ho scattato questa foto sulla spiaggia di Mamallapuram (o Mahabalipuram), nel bel mezzo di quello che resta di un complesso straordinario e antichissimo (VII o VIII secolo). Era il 15 agosto, festa dell’Indipendenza dell’India, e per questo c’erano un sacco di turisti, quasi tutti indiani.
Anche Alberto Moravia, in una pagina del suo libro di viaggio (Un’idea dell’India), parla di questi templi. Lui deve averli visti ancora abbandonati e in balia delle onde, visto che ne fa oggetto di una riflessione sul fatto che tutto è destinato a scomparire, anche la pietra, quando è soggetta all’erosione. Oggi i templi della spiaggia di Mamallapuram si trovano nel bel mezzo di un parco tutto verde, protetto dalla furia dell’oceano da una robusta scogliera.
Quando li ha visti Moravia dovevano essere dunque ancora più struggenti, ma la prospettiva di questa foto era probabilmente impossibile all’epoca, coperta come doveva essere dalla sabbia della spiaggia – come peraltro accade ancora, in parte, per tanti altri monumenti minori, scolpiti praticamente su ogni roccia affiorante dalla sabbia, per chilometri attorno.
Questa foto mi piace perché tra la piramide implicita della prospettiva in basso e le piramidi esplicite del templi in alto ci sono le persone, indaffarate a guardare, cioè a fare esattamente quello che sto facendo io. E poi c’è questa luce da mezzogiorno, quasi senza ombre. E infine quell’architettura a gradoni bombati dei templi sul fondo, che si rispecchia nelle forme del primo piano. Ci sono tante rime visive in questa immagine, e tanta lieve asimmetria che mette in movimento la simmetria dell’immediata evidenza.
In realtà, bisognerebbe essere da soli, qui, e magari persi in contemplazione. Il tempio è dedicato a Shiva, e l’immagine del dio si trova proprio davanti a me, là dove c’è la gente e tutti guardano. Il percorso indicato dalla fuga prospettica della mia foto conduce a lui, il dio asceta, colui che quando danza crea tutte le cose.
Non è questione di crederci o non crederci. Il mito ha poco a che fare con la credenza, a differenza della religione. Ma la religione è un’invenzione cristiana. Il mito è sempre, comunque, un passo più in là dentro di noi.
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