Mickey, americano modello
Il Sole 24 Ore, 13 marzo 1994
Sessantacinque anni fa non era che un topino in un cartone animato americano; e sessanta anni fa dava nome a una neonata rivista italiana. Come si poteva credere allora che questo personaggio, certamente vitale ed efficace, ma tutto sommato minore di un genere minore, fosse destinato a diventare una leggenda del Ventesimo secolo?
Non ci credette infatti nemmeno il suo editore italiano, Nerbini di Firenze, che appena tre anni dopo la sua nascita vendette la rivista ad Arnaldo Mondadori, preferendo puntare su un genere avventuroso che non si dimostrò in seguito altrettanto vitale. A quell’epoca “Topolino” era molto diversa dalla rivista che conosciamo oggi: il formato era molto grande, e le storie contenute non erano soltanto di marca Walt Disney. Per arrivare al “Topolino” che noi conosciamo bisogna aspettare il 1949, l’anno in cui Mondadori, trovandosi per le mani una rivista che era data da tutti per spacciata, pensò che poteva conservare il vantaggioso contratto che aveva con la Disney provando a concentrare tutto il materiale che aveva a disposizione su un’unica testata; il formato fu inoltre omologato a quello di “Selezione dal Reader’s Digest”, in modo da poter utilizzare le macchine che erano state acquistate per quella.
Contrariamente a tutte le aspettative (quelle dell’editore comprese) la nuova rivista fu un successo fin dal primo numero; e da allora, pur con i suoi alti e suoi bassi, “Topolino” resta initerrottamente al comando della classifica delle pubblicazioni a fumetti più vendute in Italia. Nel 1988, resasi conto della rilevanza economica delle testate, la Disney ne ha preso la gestione in diretta, togliendo i diritti alla Mondadori.
Tante sono le componenti del successo di Topolino, non esclusa, e anzi proprio in primo piano, la componente del genio artistico. le storie di Floyd Gottfredson, il primo grande autore dei fumetti di Mickey Mouse, responsabile di una certa parte della fortuna della Disney, sono testi spiritosi e avvincenti, pieni di legami con il mondo del presente, ma anche sufficientemente universali da poter essere lette con grande godimento a distanza di cinquantanni. Il piccolo topo del roosveltiano New Deal vi gioca un ruolo spesso complesso – assai diverso dall’immagine del Topolino detective e basta che si è affermata in Italia negli ultimi decenni. Mickey vuole essere l’americano esemplare, coraggioso e un po’ incosciente, generoso ma avveduto, spiritoso e non di rado critico rispetto a quello che vede attorno a lui, non privo, di quando in quando, di qualche difetto.
Nei primissimi anni, tra l’altro, i difetti superavano le qualità. Prima che vedesse la luce Donald Duck, ovvero Paperino, era Mickey a giocare la parte del ragazzotto dispettoso e cattivello, preoccupato solo di come combinare uno scherzo ancora più perfido al malcapitato passante. Poi, quella parte passò al neonato papero, e gli si addisse al punto che – per quanto il personaggio si sia arricchito con gli anni – gli resta addosso ancora oggi. Topolino e Paperino non sono solamente personaggi dei fumetti. Entrambi sono nati per un altro e differente mondo, quello del cinema d’animazione. Per la crescente società Disney dei primi anni il fumetto non era infatti che uno, allora, come ora, degli strumenti per fare fortuna: c’era il cinema, c’era il merchandising, e da un certo momento in poi c’è stata Disneyland, vero trampolino di lancio verso l’empireo delle multinazionali.
Per chi vuole conoscere da vicino l’universo Disney è aperta dall’11 marzo alla Fortezza da Basso di Firenze una grande mostra su Topolino, personaggio e giornale, già quest’inverno all’Eur di Roma, dove ha contato più di 200mila visitatori. Vi si celebrano i sessant’anni della rivista, ma vi si mostra un po’ tutto di quello che ha contribuito a rendere celebri i personaggi Disney, dai fumetti al cinema alla musica al merchandising. È prevista la proiezione di tutta la produzione cinematografica Disney, comprese quelle pellicole un po’ offuscate degli anni Venti che non si riescono più a vedere da nessuna parte. Vi sono i disegnatori italiani di Topolino, veri eredi oggi della tradizione americana originale, più apprezzati addirittura dei loro colleghi di oltre oceano. C’è un bel catalogo, per chi vuol sapere tutto su Mickey Mouse e famiglia. E c’è molta, molta roba da vedere, visto che lo spazio dedicato alla mostra è davvero molto, molto grande.
Mancano solo, della produzione Disney, le città dei divertimenti, ma quelle sembra che in Europa non costituiscano dei grandi affari. Se “Topolino” è da sempre una miniera d’oro, sembra che Eurodisneyland non sia, in fin dei conti, che una miniera di debiti.
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