A voi, Chierma, so dire una novella:
se voi porrete il culo al colombaio,
cad io vi porgerò tal manovella,
se non vi piace, io no ne vo’ danaio.Ma tornerete volontier per ella,
ch’ella par drittamente d’un somaio:
con tutto che non siate sì zitella
che troppo colmo paiavi lo staio.Adunque, Chierma, non ci date indugio,
che pedir vi farabbo come vacca
se porrete le natiche al pertugio.Tutte l’altre torrete poi per acca:
sì vi rinzafferò col mio segugio
ch’e’ parrà ch’Arno v’esca de la tacca.
Definiremmo pornografico questo sonetto? Lo scrisse il fiorentino Rustico Filippi, in qualche momento degli ultimi decenni del Duecento, quando già Dante iniziava a essere attivo. Non lo chioserò. Vale la pena spendere un po’ di tempo in tentativi esegetici personali o in qualche ricerca, perché quando si arriva a capire quello che non è immediatamente evidente, c’è ancora più gusto, e il gioco vale decisamente la candela.
D’altra parte, se ci potrà essere qualche dubbio, per il lettore moderno, sul significato specifico di qualche espressione, credo che nessun dubbio si possa avere sul tema e sul significato complessivo del sonetto, che è una specie di spot autopromozionale nei confronti di una presumibilmente bella signora, non privo di una paradossale presa in giro di se stesso e delle proprie esagerazioni.
Io lo trovo bellissimo, e lo conosco a memoria, insieme ad alcuni altri di Rustico, quasi altrettanto riusciti. Va da sé che, nonostante la sua qualità, sulle nostre antologie scolastiche non compare – ed è già molto che ci sia l’Angiolieri, con le sue sparate ben difficili da giustificare moralmente.
Pornografia? Forse l’argomento lo è, con questa descrizione dettagliata e pittoresca di un sesso palesemente fine a se stesso. Ma come si fa a definire pornografico un testo da cui sprizza intelligenza e malizia a ogni parola; e di cui si può legittimamente sospettare che il vero bersaglio fosse lo stile angelicato che iniziava ad andare di moda in quegli anni?
Voi la penserete come volete, perché la regola è dubbia, e l’uso multiforme. Per quanto mi riguarda, un testo intelligente non sarà mai pornografico, quand’anche parlasse della cosa più laida del mondo. E se non è pornografia, questo non vuol dire che sia allora erotismo: col sonetto di Rustico l’erotismo non c’entra proprio niente. Semmai, in questo caso, provocazione…
Pornografico è dunque un appellativo negativo, con cui si cerca di infamare anche opere che con la pornografia hanno in comune solo il sesso, come a suo tempo quelle di Diderot e De Sade, citate recentemente da Boris Battaglia.
Pornografico è ciò che ha argomenti laidi, e in più è stupido e noioso, e non è mai eversivo. Come le vicende del nostro principe telecratico, da quello che ha fatto lui ai mille racconti che i media ci hanno di conseguenza propinato. Anche con questo è riuscito a renderci tutti pornofili! Era meglio Cicciolina, in parlamento o sul set, tutto sommato. Quella situazione, almeno, era sincera.
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