Magari Ray Moore non è Alex Raymond, e nemmeno Caniff, e la composizione di queste figure è un po’ goffa, ma trovo che, ugualmente, qualcosa da imparare dai suoi inchiostri ci sia. Sarà per questo effetto tutto pennello (e niente pennino) con pennellate grosse e pastose, sin quasi all’eccesso, ma qui Moore riesce davvero a recuperare con gli inchiostri quello a cui la sua composizione non arriva.
Non è solo l’effetto drammatico delle ombre forti e nette contro le luci altrettanto forti e nette – ma certo c’è anche quello. È anche e soprattutto questa modulazione eccessiva delle pennellate che rende le figure fluide e vigorose – come ha da essere, naturalmente, the Phantom, l’Uomo Mascherato. Così, dove c’è movimento, il movimento fluisce, come nella vignetta in alto; mentre dove c’è tensione, come in quella in basso, tutto si tinge di forza, e la presa dell’eroe sembra quella di un gigantesco serpente che avvolge le sue spire.
Poi, sì, non è difficile trovare un sacco di difetti a questi disegni, realizzati molto probabilmente in tempi assai brevi, ma gli inchiostri di Moore, almeno su di me, giocano ugualmente un grande fascino.
Le immagini (ad alta risoluzione) sono prese dall’originale conservato presso il Fondo Gregotti.
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