Briganti a schiere
Il sole 24 Ore, 14 novembre 1993
Siamo abituati a leggere storie oppure a leggere serie o saghe. Le storie raccontano la vicenda di uno o più personaggi a partire da un evento cruciale, e si concludono quando le conseguenze dell’evento sono state consumate sino in fondo, in modo felice o infelice. Le serie e le saghe hanno caratteristiche narrative più incerte, ma condividono una certa ricorsività degli eventi: si raccontano le avventurose gesta di un eroe, una dopo l’altra, potenzialmente senza fine; oppure gli intrecci mai del tutto districati delle vite di un gruppo di persone… Libri, televisione, fumetti ci propongono continui esemplari di queste specie narrative.
Magnus, grande narratore non meno che disegnatore, ci propone una storia un po’ particolare, in una ristampa de I briganti realizzata dalla Granata Press. I briganti contiene non una storia, ma una serie di storie, accomunate da un destino, quello che condanna uomini onesti e valorosi a fuggire nell’illegalità per le nefandezze di un potere corrotto. Non si tratta di racconti separati: il filo narrativo è unico e avvincente, e il focus passa da un personaggio all’altro in modo insensibile, così che il lettore è avvinto da una nuova vicenda senza ancora aver lasciato quella che seguiva in precedenza.
Qua e là le varie storie si riannodano, ma senza arrivare mai a quella sintesi che il lettore è spinto ad attendersi. Non è la storia del formarsi di un gruppo di briganti, perché v’è più di un gruppo in gioco. Non è la storia di una serie di perdizioni, perché c’è chi trova la salvezza; e non è la storia di una serie di conversioni, perché c’è chi si danna. E’ piuttosto una serpeggiante meditazione sul confine tra giustizia pubblica e onestà personale, che non trova soluzione perché soluzione non c’è. Spinto avanti anche dall’attesa di questa sintesi impossibile, il lettore non risente poi tanto del suo mancato arrivo, affascinato com’è dall’intensità e sottigliezza delle tante storie che nascono e si intrecciano.
Gli eventi hanno luogo nei vari luoghi di un impero situato in un futuro senza tempo, i cui costumi ricordano quelli dell’antica Cina, dove la presenza di astronavi e lontani pianeti-colonia crea effetti più esotici che fantascientifici. Ma questo dislocamento nel tempo e nello spazio è sufficiente ad attribuire alle vicende un alone vagamente di fiaba, senza loro togliere gli aspetti più vivaci e crudamente realistici.
I disegni sono del Magnus più attento e preciso; da soli, già una ragione sufficiente per apprezzare quest’opera.
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