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Della calunnia, delle allusioni (e dei nostri anticorpi)

Will Eisner, Il Complotto

Will Eisner, Il Complotto

Diverse cose mi riportano in questi giorni al bel libro di Will Eisner, tra gli ultimi da lui realizzati. Non ultima il fatto di ritrovarmelo citato in nota a un interessante libro che ho la ventura di tradurre per Bompiani, che con i fumetti non c’entra nulla: il titolo italiano sarà (probabilmente) Razza e destino, di Maurice Olender, e il tema è la storia (o le storie) dell’idea di “razza”, ovvero come sia nata e come si sia diffusa negli ultimi due secoli l’idea che esistono delle “razze” umane, diverse per natura, e per natura legate al proprio specifico destino (di dominatori o di dominati, per esempio). L’idea di “razza” è servita per giustificare moralmente il colonialismo, e lo sterminio degli Ebrei e degli Zingari.

C’è un capitolo, in questo libro, dove si parla, appunto, della storia di questo falso: I Protocolli dei Savi di Sion, che, come ci racconta anche Eisner, viene confezionato presumibilmente a Parigi verso la fine dell’Ottocento dalla polizia segreta russa, scopiazzando un libello antibonapartista di qualche anno prima. L’aspetto più affascinante delle cose che racconta Olender è il modo in cui la pubblicistica razzista di quegli anni difende l’opera e soprattutto risponde alle documentate critiche di chi ne dimostrava la falsità. Vi si trovano dei veri gioielli di paralogismo, ovvero di ragionamento fallace, in cui tipicamente la verità delle premesse è fondata implicitamente sulla verità della conclusione, che viene comunque data per scontata; oppure in cui vengono date per buone delle premesse che sono tutte da dimostrare. Ecco un esempio, tratto dal libro, di un argomento di Hermann de Vries de Heekelingen (un ex professore di paleografia dell’Università Cattolica di Nimega divenuto uno dei pilastri del pensiero del fascismo e del nazismo) pubblicato nel 1938 in un pamphlet intitolato Les Protocoles des Sages de Sion constituent-ils un faux? (I Protocolli dei Savi di Sion sono un falso?):

nel corso delle epoche s’incontra dappertutto questa forza organizzata dell’Anti-Chiesa […]. In seguito questa forza occulta parla del libero esame […], essa si identifica con il marxismo, con il bolscevismo. […] Potete credere che questa lotta che dura da duemila anni […] sia opera di individui isolati? Non è forse più logico credere a un’organizzazione segreta!!! La Storia ci dimostra l’esistenza di un’organizzazione segreta che scompare ogni volta che si crede di tenerla […][e] a ogni rivelazione, gli interessati hanno un’unica risposta: è un falso, è menzogna, è invenzione…

Nel 1938, le premesse su cui il discorso di de Vries si basa erano false e indimostrabili né più né meno di oggi: che sia sempre esistita la forza occulta dell’Anti-Chiesa, che (anche ammesso che sia esistita) la si possa identificare col marxismo e col bolscevismo, che possa esistere una forza organizzata che dura da duemila anni. E anche ammettendo queste premesse deliranti, ne consegue davvero che ci debba essere una singola organizzazione segreta dietro? E se pur ci fosse, per quale ragione dovrebbero esserne responsabili gli Ebrei? Eppure, questi deliri, in quegli anni, avevano un seguito, perché queste paure trovavano rispondenza nei timori diffusi tra la gente, e i demagoghi come de Vries sapevano bene a chi stavano parlando.

Olender parla a più riprese di complottite, una sorta di malattia socialmente diffusa, che vede complotti dappertutto, e in particolare dietro a tutti i problemi dell’epoca. Gli anni tra le due guerre sono particolarmente malati di complottite, e pseudoargomentazioni come quella di de Vries trovano terreno fertile su cui crescere. Ma anche oggi non siamo affatto immuni da questa malattia, e vi sono giornali che basano la propria fortuna sulle stesse strategie retoriche di coloro che difendevano il valore dei Protocolli dei Savi di Sion.

Due esempi eclatanti sono nelle nostre edicole tutti i giorni. Basta leggere i titoli e il loro tono per rendersene conto. Libero di oggi titola, per esempio “Anche l’amico di D’Alema corteggiava la P4”: non mi interessa in questa sede la verità della notizia (e anche su questo tema la quantità di denunce ricevute da Libero potrebbe essere un interessante indizio), ma soltanto il modo in cui viene presentata. L’espressione “l’amico di d’Alema” ha non a caso una velata valenza erotica, che rimanda comunque a un nascosto rapporto preferenziale. La valenza erotica viene confermata dal verbo “corteggiare” che rimanda in questo caso a un’attività frequente e legata a un desiderio di partnership. E l’oggetto del corteggiamento è infine la P4, una loggia massonica, ovvero un complottante per eccellenza, “storicamente” riconosciuto come la Massoneria, pur se tradizionalmente associato ai poteri di destra. Ecco che si allude dunque al fatto che la P4 non sia davvero di destra, visto che il complotto riguarda così direttamente “l’amico di D’alema”.

Da parte su Il Giornale titola invece “Crisi, il Cav vede le parti sociali / E avverte: ‘Serve l’aiuto di tutti'”. Il Cav, appellato in maniera così familiare (altrettanto spesso è, infatti, Silvio) è evidentemente invece un amico, uno quasi di famiglia, che proprio grazie a questa conoscenza ravvicinata può essere da noi tranquillamente considerato al di fuori di qualsiasi complotto. Uno come Silvio, che vede le parti sociali, è certamente di un’altra pasta dall’amico di D’Alema, che corteggia la P4.

Non mi verrebbe voglia di parlare di questi squallori se non me ne trovassi davanti agli occhi uno dello stesso tipo, nel minuscolo mondo della critica del fumetto, dove gli interessi in gioco sono talmente piccoli che non si capisce nemmeno perché uno debba prendersi la briga di gettare fango inutile su altri quando ha così poco da guadagnarci. Non espliciterò di chi sto parlando: già gli faccio troppa pubblicità accennando alla sua esistenza. Credo che chi conosce quel blog piuttosto squallido che vive sulla diffusione di notizie non confermate (proprio come le voci che, storicamente, servivano per discreditare gli ebrei, creando il consenso e giustificando poi i massacri), che non pubblica le eventuali smentite e allude continuamente a chissà quali colpe, possa capire molto facilmente a chi faccio riferimento. E se non lo conoscete non perdete nulla; anzi un po’ vi invidio.

La mia opinione è che chi si occupa di fumetti dovrebbe osservare d’ora in poi il silenzio su qualunque cosa scrivano queste persone: niente commenti su di loro, niente link (neanche se siete imbufaliti perché vi stanno calunniando – in particolare in questo caso, perché è di questo che vivono). Nessuna censura: il diritto di parola è un diritto sacrosanto, che non si nega nemmeno a chi vive di calunnie. Ma il diritto a essere ascoltati è qualcosa che ciascuno di noi si conquista con l’intelligenza e l’onestà, e là dove queste qualità non hanno casa è giusto non andare, e non mandarci più nessuno.

E scusate lo sfogo, ma quando si sorpassano certe soglie non si può restare indifferenti. Qualche anticorpo l’abbiamo ancora.


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27 comments to Della calunnia, delle allusioni (e dei nostri anticorpi)

  • […] post di Daniele Barbieri, bene al di là di piccole vicende non importanti nel mondo (vabbe’, […]

  • […] attualizzandolo e localizzandolo citando D’Alema quanto Berlusconi. Potete leggerlo facendo click qui. afNews è attiva dal 1995 sotto varie forme fino a quella attuale (ISSN 1971-1824). In effetti, […]

  • più è piccolo l’orticello, più ferocemente ognuno ne difende i confini.
    nihil novi sub sole.

    • Per misteriose ragioni tecniche non riesco a lasciare un commento al tuo post nel tuo blog (penso cose che hanno a che fare con OpenId): Te lo riporto perciò qui:
      Penso di poter condividere. Mi resta comunque un amaro stupore. Fondamentalmente tu proponi di compatire – non nel senso etimologico di com-patire (cioè patire insieme) ma in quello più corrente di dire “Poverino!”. Io dico: diciamocelo tra noi (che in fondo lo pensiamo davvero), e poi per sempre silenzio, indifferenza, sì.

  • il mio post ha il senso che dici, ma si allarga anche a ipotizzare una spiegazione, una “comprensione”. visto che non ci sono interessi economici e poteri politici dietro (come invece avviene negli esempi che citi), la mia unica spiegazione di tale comportamento è un umana quanto “ignorante” reazione alla paura e al dolore.
    ecco, questo mi dà una spiegazione di un atteggiamento che, al contrario, non riuscirei a spiegare.

    e poi, si, il silenzio. ma fino a quanto? fino a quali “calunnie”? che la rete è vasta e certi post facilmente recuperabili. esiste anche un’immagine pubblica che deve essere difesa? e soprattutto fuori dalla stretta cerchia fumettistica.

    ciao
    h.

    • Il silenzio, fino a quando?
      Supponiamo che io, da domani, mi metta a scrivere notizie calunniose (e false) su un sacco di gente della cerchia fumettistica. Dopo una prima fase in cui spenderei il mio credito, ben presto questo credito si esaurirebbe, e, nell’ambito della cerchia fumettistica, avrei la reputazione che mi merito – sino all’estremo che, per chi mi conosce, essere calunniato da me potrebbe persino essere considerato un vanto.
      Il problema è che i miei post oltraggiosi, che resterebbero comunque in rete, sarebbero lì a disposizione anche di chiunque non sappia come stanno le cose ed è pronto a prenderli come verità. Dei Protocolli dei Savi di Sion si fa ancora oggi commercio, e c’è ancora molta gente che li conosce e a cui non è nemmeno giunta voce che si tratta di un falso, oppure gli è giunta, e se ne frega. La stampa è anche questo, e su Internet il meccanismo è ulteriormente amplificato.
      Ma un cronista serio dovrebbe verificare le sue fonti. Supponiamo che il cronista al di fuori della cerchia informata della mia inaffidabilità trovi un articolo infamante su Harry sul mio blog, e niente altro in tutto il Web: non una replica, non una ripresa, non un’ulteriore indagine. Se il cronista non è scemo, o non ci sta marciando, come minimo dovrebbe diventare sospettoso, e a questo punto cercare di capire il perché di tanto silenzio in merito. Alla fine arriverebbe a capirne il motivo.
      Se invece non è serio, o ci sta marciando, si prenderà la responsabilità di avere attinto a quest’unica fonte. A questo punto, magari, se non è troppo palesemente in cattiva fede, smentiremo il cronista, facendogli presente l’inattendibilità della fonte.
      In altre parole, in questo campo, persino una giustificata replica o smentita è implicitamente una conferma. Se poi si scatena un dibattito nel merito dei temi dell’accusa, questo, per il cronista esterno è tutta ciccia, tutta polpa: ci sono le diverse voci, le diverse posizioni…
      No. Riserviamo il dibattito (anche feroce, se serve) alle cose serie, e lasciamo la calunnia e l’allusione al loro destino. Nel deserto le voci non si sentono, e quando si sentono fanno ridere.
      Ciao

  • Luca Bonicalzi

    La cosa straordinaria, comunque che ho sempre sospettato, è constare quanto “il Fatto Quotidiano” e dunque Travaglio, vada, e non da adesso, d’amore e d’accordo con i giornali della famiglia Berlusconi e con “Libero” in particolare. Poi c’è qualcuno che crede ancora che “il giustiziere Travaglio” dica cose di sinistra”. Da pisciarsi dal ridere!

    • Personalmente, questo amore e accordo non lo vedo molto. Travaglio fa la sua parte, e possiamo stimarlo oppure no. Ma qualche giorno fa tanto Libero come il Giornale lo mostravano in prima pagina in mutande, tacciandolo di codardia di fronte al terremoto, con la tipica allusività che li caratterizza (se ha paura di questo, allora…).
      Ma non è di questo che si sta parlando qui, per favore.

      • Luca Bonicalzi

        Se è per questo anche “l’Unità”, giornale di sinistra (se non sbaglio), mostrava Travaglio in mutande e in fuga, terrorizzato da una scossa di terremoto a Torino. Travaglio è di destra, e lui stesso non ne fa mistero.
        Daniele Barbieri se ne faccia una ragione e accetti la consonanza d’idee tra vice direttore de “il Fatto Quotidiano” e “Libero”.

      • Al di là della scarsa pertinenza di Travaglio per quello di cui stiamo parlando, non sono in questione le idee qui, ma il modo in cui si fa informazione e critica. E quali che siano le idee di Travaglio, non mi pare che il suo modo di fare informazione sia paragonabile a quello di cui ho parlato qui.

  • davide

    scarsa pertinenza di Travaglio e dell’esempio sopra indicato effettivamente è un eufemismo… a meno che non si decida di postare qui solo per parlar male di Travaglio….

    volevo dire:

    In altre parole, in questo campo, persino una giustificata replica o smentita è implicitamente una conferma. Se poi si scatena un dibattito nel merito dei temi dell’accusa, questo, per il cronista esterno è tutta ciccia, tutta polpa: ci sono le diverse voci, le diverse posizioni…

    esatto… questo è il problema
    magari, quando si hanno gli estremi in mano, procedere per vie legali
    altrimenti, come dice un antico proverbio pecoreccio, meglio non muoversi perchè potresti fare il gioco del nemico

    davide

    • Sì, se ci sono gli estremi, magari arrivare alle vie legali. Però anche qui senza pubblicizzarlo, senza parlarne, come – quale dovrebbe restare – un fatto privato.
      Magari sbraiteranno loro, ma se poi nessuno li ascolta e reagisce, che sbraitino pure.
      L’antico proverbio pecoreccio in questo caso dice il vero.
      db

  • Orlando Furioso

    Concordo con Barbieri sul fatto che il silenzio sia la posizione pubblica migliore da mantenere.
    Posso capire, anzi umanamente capisco eccome!, il discorso che fa Harry sul dolore personale, la sofferenza, la paura e la pre-potenza.
    Forse anche alla luce di queste considerazioni, il silenzio – magari non un silenzio “stizzito” come il mio (sono un po’ toccato personalmente/affettivamente dalla faccenda, non è facile per me abbandonare completamente sentimenti come stizza, rabbia e un po’ di rancore…) – il silenzio dicevo può essere la “cura” migliore.
    Cura, diciamo così, sia per i pre-potenti che per gli arrabbiati.
    Un caro saluto e sempre complimenti ai vostri blog.
    Orlando Furioso

  • Frank

    Il blog in questione replica con il consueto livore al fondo del suo ultimo editoriale molesto, benchè non sia stato da te citato direttamente (ma evidentemente si è riconosciuto). Concordo con quanto scrivete tu e Harry e vedo che altri hanno già deciso di non replicare più alle loro provocazioni (certi carteggi erano veramente insopportabili), tant’è che le ultime lenzuolate-editoriali sono privi di commenti, a parte il solito embedded. Sì, ignorarli è l’unico modo per costringerli a migliorare, anche se improbabile.

  • Marco Pellitteri

    Io non so bene cosa pensare, Daniele. Provo a dire la mia, un po’ confuso.

    Partiamo dall’ipotesi, puramente strumentale al discorso, che X abbia assolutamente torto nel muovere le sue accuse e argomentazioni, e Y assolutamente ragione nell’indignarsi ed esasperarsi su questa questione particolare. Questa sorta di sommossa intellettuale pubblicamente fatta da più parti a favore di Y mi pare poco utile. O il silenzio è davvero silenzio, o forse è meglio evitare queste “paternali”. Se ci sono gli estremi per azioni legali, com’è stato detto, e sia.

    Ora consideriamo l’ipotesi, sempre puramente strumentale al discorso, che X abbia assolutamente ragione nel muovere le sue accuse e argomentazioni, e Y assolutamente torto nell’indignarsi ed esasperarsi su questa questione particolare. In questo caso che succederebbe? Chiedo sinceramente. Mi pare una possibilità poco probabile, da quel che ho appreso personalmente su Y nel corso degli anni e per come lo conosco, ma non escludiamo alcuna eventualità, per correttezza di formulazione.

    Infine, consideriamo l’ipotesi che sia X che Y (ed eventuali sostenitori istituzionali di Y) abbiano a loro modo espresso parti di verità e parti di non-verità (in percentuali non per forza simmetriche). In questo caso cosa dovrebbe accadere?

    In tutti e tre i casi, al di là del fatto che ciascuno deve agire secondo coscienza e secondo le proprie informazioni (ed eventuali considerazioni sulla credibilità di X e di Y ecc.), credo che siano solo i diretti interessati quelli che dovrebbero dirimere la questione, senza interventi di terzi, perché credo che nessuno di noi abbia le informazioni e le competenze per smentire l’uno a favore dell’altro, o viceversa. E lo dico esprimendo delle considerazioni di natura a mio avviso “tecnica”, mettendo da parte questioni personali e la mia considerazione sulla credibilità di Y.

    Una cosa è il tono della discussione, su cui si può affrontare un discorso specifico, e una cosa sono i suoi contenuti informativi. Secondo me varrebbe la pena per il momento di soprassedere sul registro di tali comunicazioni (che, lo so, sono spesso stupefacenti per corrosività e inaspriscono un ambiente davvero piccolissimo rendendolo poco vivibile, allontanandolo da quella giusta dose di goliardia, serenità, buonumore, che possono convivere anche con la critica e anzi la renderebbero più efficace) e concentrarsi nel rispondere punto su punto per vie legali, non per acrimonia verso X ma solo per dimostrare oltre ogni ragionevole dubbio se X abbia o meno torto nelle sue argomentazioni e informazioni; se ci sia diffamazione, calunnia e quant’altro.

    Sono idee in progress, naturalmente: non sono né proclami né sentenze, solo il mio provvisorio punto di vista.

    Marco

    • Caro Marco
      se rileggi il mio testo ti puoi accorgere che non solo non ho fatto riferimento a nessun caso specifico (anche se, certo, è stato un caso specifico a sollevare la mia indignazione, ma era, come si suol dire, la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso ormai colmo), ma non ho messo nemmeno in questione la validità delle notizie diffuse dai signori in questione. Il merito delle notizie, quando ne sia il caso, sarà oggetto eventuale di azione legale. Ma è il metodo che è insopportabile, e assai più velenoso e pericoloso di quanto non appaia a te, io credo. Per questo non credo che si debba soprassedere su questo, e la strategia del silenzio collettivo è l’unica che possa funzionare a questo scopo.
      Certo, nel fare questo appello, io l’ho inevitabilmente rotto, questo silenzio. Ma perché esso funzioni deve essere, appunto, un’azione collettiva. Per questo ho deciso di sfruttare un minimo di notorietà e autorevolezza del mio blog per far sapere che, a mio parere, il maggior numero di persone possibili dovrebbe comportarsi così, in merito – senza chiedere peraltro nessuna censura, nessuna condanna ufficiale del sito in questione (cosa che, tra l’altro, non farebbe che portare, mediaticamente, acqua al loro mulino).
      Non tornerò più su questo argomento. Al massimo, nei commenti di questo post potrò rispondere a qualche cortese obiezione o dubbio, come il tuo.
      Ciao
      db

      • Marco Pellitteri

        Sì, anche io, se pur citavo la possibilità teorica di azione legale (presentavo vari scenari a scopo, come si suol dire, euristico), in realtà non intendevo incoraggiarla; forse stiamo sopravvalutando la cosa e non si tratta che di un tipico “flame” da web, anche se appare qualcosa di più serio, con maggiori ramificazioni. Però sì, più volte ho sottolineato anche in privato il mio parere circa la necessità di usare altri toni.
        In ogni caso, io personalmente mi sgancio dalla discussione… ho già detto la mia in pubblico e in privato e non saprei cos’altro aggiungere 🙂

  • […] è la definizione di complottite che Daniele Barbieri offre in questo magistrale post , riprendendo un tema  che (purtroppo)  ha sempre una sua attualità nel nostro […]

  • laura scarpa

    mi è capitato anche su FB a volte di tacere invece che difendere un amico, perché se parlavo animavo la discussione, la riportavo in vista. Il silenzio in internet è la migliore arma, se accompagnato da altre notizie “buone” a sbilanciare e affogare le “cattive” questo il più delle volte. Altre volte, più rare, invece l’accensione di un dibattito può essere utile. parlerò senz’altro bene di Michele Ginevra, di Daniele Barbieri, di Gianluca Costantini e di altri amici e professionisti che conosco e stimo, ma il più delle volte non li difenderò su pagine di invidiosi, se non sono invidiosi meritevoli di aperta e onesta tenzone. Laura

  • pangio

    E’ la prima volta che visito questo sito mentre l’altro lo controllo ogni tanto , come faccio con altri siti o blog sul fumetto.
    Era da un pò che non visitavo l’altro sito e ho scoperto che c’è in atto questa diatriba per cui sono arrivato qui e ho letto il tuo intervento del 4 agosto.
    Se devo essere sincero hai scelto, secondo me, una linea di condotta ibrida e indecisa , detto senza offesa.
    Infatti hai accennato e non detto chiaramente di che cosa si parlava e ora mi tocca andare a cercare in giro per capire di chi si tratta.
    Secondo me o non ne parlavi proprio, oppure sarebbe stato preferibile dire tutto per filo e per segno.
    Tornando a Travaglio tirato in ballo prima ( e male ) ricorderai che ogni tanto i suoi nemici tirano fuori la storia delle vacanze che gli sarebbero state pagate da un mafioso o che so e lui ogni volta spiega tutto e a volte tira fuori gli assegni a firma sua per dimostrare che la notizia è falsa.
    Nel caso tuo penso che, a parte gli addetti e i tuoi amici, i semplici lettori ocme il sottoscritto non hanno veramente capito di che si parla.
    Ok ora mi metto a rovistare su internet.
    Grazie per l’eventuale replica e saluti.

    • Be’, mi sembrava di aver scritto in maniera abbastanza evidente che l’appello era rivolto a chi capiva di che cosa stessi parlando. Non mi interessava e non mi interessa aprire una polemica in materia, e desideravo fare la minima pubblicità possibile a quella gente. Purtroppo, inevitabilmente, un poco glie ne ho fatta. Ma a giudicare dalle adesioni che ho ricevuto, in pubblico come in privato, posso contare sul fatto che la campagna del silenzio su di loro abbia avuto un qualche riconoscimento. Se non li conosci, non perdi gran che, Insieme a qualche utile informazione, che si trova facilmente anche altrove, ci si trova sostanzialmente un sacco di mal parlare a vuoto di persone che non lo meritano, e la sensazione che interessi molto di più lo scoop (a qualsiasi costo) che la verità.
      Per questo, capisco la curiosità del “semplice lettore” come te, ma mi dispiace di averla incentivata. Era il prezzo da pagare per dire quello che era necessario dire. Ora spero che, se le tue esplorazioni su Internet hanno avuto successo, tu ti sia potuto rendere conto delle mie ragioni, e che, al di là del brivido momentaneo delle loro polemiche montate ad hoc, ti sia anche potuto accorgere che, tutto sommato, non perdevi molto non conoscendoli.
      Una curiosità: non riesco proprio a capire quale sia “l’altro sito” a cui fai riferimento nelle prime righe.
      Ciao
      db

  • gio

    condivido e aderisco al silenzio!

  • […] cosa accade invece? Accade che a intercedere per Messina sia il professor Barbieri, che in un delirante post sul suo blog se la prende col sito senza mai nominarlo e lancia una fatwa del silenzio invitando […]

  • […] cosa accade invece? Accade che a intercedere per Messina sia il professor Barbieri, che in un delirante post sul suo blog se la prende col sito senza mai nominarlo e lancia una fatwa del silenzio invitando […]

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