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Della cronachetta di Lara Canepa

Giacomo Nanni, "La vera storia di Lara Canepa" pp.82-83

Giacomo Nanni, "La vera storia di Lara Canepa" pp.82-83

Mi sento in dovere di parlare di Giacomo Nanni e mi accorgo che non mi è facile. È bravo, sì, ma non trovo la chiave. Forse è soltanto troppo minimale per me. Non chiedo alle storie di avere una morale, e nemmeno una conclusione. Ma, le sue, non so come prenderle. Potrei dire: semplici spezzoni di vita, cronachette. Ma se così fosse, che interesse avrebbero? Quasi nessuna quotidianità è di per sé più interessante della mia, che già lo è poco. È difficile raccontare la quotidianità perché è difficile selezionarne i luoghi interessanti, e ancora più difficile ricavarne una sequenza interessante. Giacomo Nanni ci riesce? Nelle Cronachette, in effetti sì. Ma in questa Vera storia di Lara Canepa? Non c’è troppa carne al fuoco? Elvis non morto e il figlio nato/non nato, e i sogni inquietanti? Il disegno è volutamente minimale, e questo non è certo un difetto, in sé. Però non aiuta ad andare oltre, e ci rende del tutto prigionieri della storia.

Scrivo, questa volta, non per proporre una soluzione, ma per sollecitare dei suggerimenti. C’è qualcuno che vuole provare a suggerirmi che cosa trova in questo libro, e come potrei tornare a leggerlo con meno difficoltà? (Non mi si dica di leggermi le recensioni. Ne ho lette diverse, giustamente lusinghiere e assolutamente evasive nel merito; per il mio problema, inutili).

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4 comments to Della cronachetta di Lara Canepa

  • paola bristot

    Caro Daniele, non so se quello che ti scrivo possa aiutarti o darti dei suggerimenti rispetto alle modalità di lettura del libro di Giacomo Nanni, “La vera storia di Lara Canepa”. Dal mio punto di vista Nanni è un matematico, segue una logica matematica che spesso per assurdo diventa paradossale. E’ la logica del paradosso. Nelle “Cronachette” si poteva intravedere uno schema più narrativo, nella ripetizione, in Lara Canepa, molto meno, perché la storia è decostruita o meglio è costruita più come una equazione. Lo stesso uso della scomposizione cromatica in linee e punti fa parte di una visione astratta e non concreta. In questo senso siamo lontanissimi dall’idea di quotidianità. Anche le forme visive che riportano ad una situazione quotidiana sono viste come attraverso una lente “da tipografo” o da analista di laboratorio, una specie di microscopio che cerca di scoprire le relazioni, le attitudini le valenze delle molecole che assumono le sembianze umane dei personaggi di questa storia, umanoidi, animali, persino fantasmi.
    La lettura diventa allora più intuitiva e il senso resta un po’ criptico, sospeso. In questo libro Nanni forse pretende troppo dal lettore che spesso non trova la formula giusta per decodificare il testo. Però sentiamo oltre l’astrazione la concretezza di sentimenti anche feroci, di non-detti e segreti non tradotti esplicitamente, ma pesanti emotivamente.
    Devo dire che preferisco le ultime cose che Nanni sta pubblicando on line, in cui parte veramente da fatti di cronaca un po’ bislacchi dando loro una versione di scrittura grafica perfetta sublimandoli in un’atmosfera rarefatta e atroce.

    • Cara Paola, condivido la tua analisi, e credo anch’io che ci sia un fondo un po’ matematico in Nanni. Lo si capisce dal disegno, dai retini e dai colori improbabili, dal racconto minimalista: tutti elementi che creano distanza, che oggettificano (più che oggettivare) il racconto, lo rendono straniato. È una strategia che viene utilizzata (da Brecht in poi) per richiamare l’attenzione su quello che ci è così familiare che non riusciamo più a vederlo.
      Però Nanni fa un uso molto estremo di questa oggettificazione, il che rende molto delicato il suo processo. La mia sensazione è che mentre nelle Cronachette questa riduzione all’osso funziona perché l’osso è molto chiaro, qui l’osso è complicato, forse troppo – il che mi sembra più o meno quello che dici tu.
      Come dire: l’operazione è interessante, ma forse (e ribadisco il forse) questa volta non è pienamente riuscita.
      Oppure forse sono io che sconto una certa difficoltà a confrontarmi con testi così (intenzionalmente) freddi, o meglio, raffreddati. Le vedo, le passioni dei personaggi, che, mostrati così, sono un po’ degli insetti sotto la lente. Però non riesco a parteciparvi più di tanto.
      Magari è un problema mio. Proprio per questo ho voluto renderlo pubblico – e ti ringrazio per la risposta.

  • ciao.
    non credo sia un problema tua. credo che lara canepa, il libro, non sia pienamente riuscito. o non sia veramente compiuto. la necessità di chiuderlo in un libro lo ha immobilizzato e frammentato. è anche per questo che nanni prosegue le vicende di lara al di fuori, nel blog, in strisce che lui stesso ha definito per certi versi più vive. o vicine.

    detto questo, un modo per non farsi imprigionare da questo libro, è quello di prendere singole parti, casualmente, e leggerle a solo. hanno un calore diverso.

    harry

  • beh… mi avete dato una mano a comprendere qualcosa in più. anch’io come paola sono rimasto colpito positivamente dai sentimenti e dalle relazioni tra i personaggi. ma la prima lettura non mi ha consentito una comprensione chiara di cosa sia accaduto. quindi d’uopo rileggerlo!
    sullo stile sono invece assolutamente tranquillo rispetto alla qualità, ancora una volta, dimostrata da Nanni.

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