Recensioni d’annata, 2000. Il futuro del fumetto a fumetti

Il futuro del fumetto a fumetti
Il Sole 24 Ore, 15 ottobre 2000

Nel 1993, stagione ancora dorata per il fumetto americano, usciva negli Stati Uniti un libro destinato a lasciare il segno. Si trattava di un libro a fumetti, come tanti altri; a differenza dagli altri non era però fiction, ma un libro di teoria: un trattato a fumetti sul linguaggio del fumetto. Understanding Comics, di Scott McCloud, non era un manuale, e nemmeno un volume divulgativo. Si trattava di un’autentica riflessione teorica sulle caratteristiche e le possibilità espressive del linguaggio dei comics, espressa con gli strumenti di quello stesso linguaggio, destinato a una lettura attenta e meditativa, e in cui si esprimevano tesi stimolanti e originali, interessanti anche quando non del tutto condivisibili.

Accanto all’interesse per il discorso tenuto da McCloud vi era comunque ciò che rendeva questo libro unico, ovvero il fatto di essere esso stesso realizzato a fumetti. Non era una semplificazione: al contrario, per me come per tutti coloro che sono abituati a trasmettere o ricevere teoria attraverso la parola, l’esposizione a fumetti rendeva tutto più complicato. Anche per questo bisogna sottolineare l’invenzione da parte di McCloud di uno specifico stile espositivo, in cui l’argomentazione riguadagna attraverso l’uso delle immagini quello che lo stesso uso delle immagini fa perdere a un genere tradizionalmente verbale come il trattato teorico. Impossibile è dar conto in queste poche righe della quantità di microinvenzioni retoriche e stilistiche a cui McCloud è riuscito a dar sostanza grafica e grafico-verbale nel suo libro. Nel suo complesso, potremmo dire che Understanding Comics inaugura un genere linguistico, talmente particolare da non avere antecedenti diretti; e così difficile da frequentare, almeno dal punto di vista della produzione, che sino a poco tempo fa non c’erano stati nemmeno susseguenti.

Dopo sette anni di silenzio teorico, Scott McCloud ha dato oggi un seguito alla sua prima fatica. Si chiama Reinventing Comics, e ha, anch’esso, il fumetto come oggetto e come strumento linguistico. In questo volume però l’attenzione di McCloud non è più rivolta al linguaggio, ma a un insieme di questioni che, complessivamente o singolarmente, hanno a che fare con il futuro di questa forma espressiva.

Dal punto di vista stilistico, Reinventing Comics è forse ancora più originale ed efficace dell’altro, segno che l’autore non sta più inventando il proprio linguaggio, ma assestandone le possibilità ed esplorandone nuove soluzioni. E’ però dei suoi contenuti che possiamo più efficacemente parlare qui.

Nella prefazione, anch’essa a fumetti, McCloud individua una rosa di 12 temi chiave per il futuro del fumetto: fumetto come letteratura, fumetto come forma d’arte, diritti degli autori, innovazione nell’industria, percezione da parte del pubblico, valutazione da parte dell’istituzione, equilibrio tra i sessi, rappresentazione delle minoranze, differenziazione dei generi, produzione con strumenti digitali, diffusione con strumenti digitali, fumetti digitali. Ai primi nove temi, di carattere più culturale e sociale, sono dedicati i capitoli della prima parte; agli ultimi tre, che delineano il rapporto tra comics e computer, è dedicata la seconda parte, praticamente metà del volume.

Questo squilibrio non impedisce all’autore di presentare argomenti brillanti per spiegare perché i fumetti, a dispetto delle loro potenzialità, vengono utilizzati soprattutto per produrre fumetti di supereroi per lettori adolescenti. L’analisi delle modalità di vendita dei fumetti e della struttura del mercato mostra con grande evidenza come in queste condizioni il genere che vende di più, cioè quello superomistico, finisca per diventare necessariamente l’unico che si vende, togliendo completamente visibilità e possibilità di diffusione a generi meno vendibili, ma non per questo commercialmente impossibili.

I problemi, rispetto alle posizioni di McCloud, iniziano nella seconda parte. Una delle finalità del libro è infatti di mostrare come la tecnologia digitale e in particolare la diffusione dell’informazione tramite Internet siano candidati ideali per contribuire (talora in maniera decisiva) a risolvere i problemi di qualità, diffusione e considerazione pubblica del fumetto. Non c’è dubbio che McCloud abbia ragione quando mostra come il computer possa aiutare il fumetto tradizionale, anche semplicemente utilizzato come strumento grafico al pari del pennino e del pennello, benché con mille possibilità in più.

Più discutibile è invece la sua proposta di usare Internet per togliere di mezzo la grande editoria e permettere un rapporto diretto tra l’autore e il suo pubblico. Benché l’idea di fondo sia positiva e condivisibile, la possibilità reale di un’operazione di questo genere richiede un prezzo da pagare, e non si tratta di un prezzo da poco. La scomparsa del supporto cartaceo, sostituito dallo schermo del computer, non pone infatti solo i problemi tecnici di cui McCloud dimostra di essere ben consapevole (risoluzione, dimensioni, tempi di accesso, modalità di pagamento ecc.), ma anche dei problemi comunicativi che invece egli sembra ignorare.

Non è vero, infatti, che i fumetti siano “semplicemente” una sequenza di combinazioni di immagini e parole, indipendente dal supporto. Le possibilità che McCloud elenca con entusiasmo verso la fine del libro (pagine grandi a volontà, linee di sequenzialità diverse dal consueto, libertà assoluta nella dimensione delle vignette ecc.) sono in realtà altrettanti motivi di crisi per il linguaggio del fumetto, che si è formato godendo non meno che patendo dei limiti della carta stampata. Senza contare il fatto che una forma espressiva deve sempre fare i conti con le potenzialità tecniche dello strumento di cui fa uso: e il computer ne possiede tali e tante che il fumetto, per quanto “migliorato”, vi farebbe certamente la parte del parente povero, perdendo l’appeal che i limiti della pubblicazione su carta gli forniscono.

(Understanding Comics è stato tradotto con il titolo Capire il fumetto. L’arte invisibile, Vittorio Pavesio Production, 1996. Scott McCloud è raggiungibile su Internet al sito scottmccloud.com)

 

Scott McCloud, Reinventing Comics, DC Comics, New York, 2000, pp. 252, $19.95

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Recensioni d’annata, 1997. Scott McCloud

Scott McCloud
Inedito per Il Sole 24 Ore, 1997

Tra i non numerosi saggi teorici intellettualmente eccitanti che si occupano di fumetti, ce n’è uno – ed è decisamente tra i migliori – che ha la singolare caratteristica di essere esso stesso realizzato a fumetti. Si tratta di Capire il fumetto. L’arte invisibile, dell’americano Scott McCloud, pubblicato in versione originale nel 1993 e da alcuni mesi disponibile anche in italiano grazie alle edizioni Vittorio Pavesio Production.

Si dice, nell’ambiente del fumetto, che questo libro abbia scatenato un grosso dibattito tra i giovani americani appassionati di comics. Certamente, per chiarezza e ampiezza dei temi trattati, e per la simpatia e l’intelligenza con cui McCloud li affronta, il libro è destinato a lasciare il segno, anche quando non si condividono le opinioni dell’autore.

L’oggetto del discorso è il linguaggio del fumetto, visto davvero, per quanto è possibile, “da dentro”. Il vantaggio di affrontare a fumetti un argomento del genere è che scompare del tutto quella divisione artificiosa tra teoria ed esempi, cui è condannato qualsiasi saggio puramente verbale che tratti di struttura delle immagini. Provate a pensare a quante parole servono in uno scritto per specificare con precisione a quale particolare dell’immagine ci si sta riferendo, e di quale degli aspetti di quel particolare si sta tentando l’analisi. Le immagini si riempiono di lettere e numeri (zona A, particolare 4…) cui il testo fa continuo e pedante riferimento, e l’occhio del lettore corre e ricorre faticosamente dalle parole all’immagine e viceversa; le descrizioni si dilungano… Un saggio a fumetti presenta al lettore ciò di cui parla proprio mentre ne parla, semplicemente mostrandolo, permettendosi di scherzare, di parodiare se stesso mentre lo fa, con piccoli effetti borgesiani di “mise en abîme” che rendono più piacevole la lettura, e talvolta sono essi stessi utili a chiarire l’oggetto del discorso.

Con un’opera di questo tipo, McCloud si trova d’altro canto anche a tentare un’impresa nuova e nient’affatto facile, dando vita a un genere senza passato né tradizione – di cui forse questo resterà l’unica esemplificazione, ma non meno valida per questo. Qua e là, il testo lascia infati un po’ spiazzato il lettore abituato alla saggistica, semplicemente per mancanza di riferimenti per formulare un giudizio; e certamente questo aspetto di straniamento accattivante contribuisce non poco a far accettare al lettore le tesi dell’autore, un po’ distraendolo – almeno alla prima lettura – da una più severa valutazione dei contenuti.

E purtuttavia, non si tratta poi di un gran male. Quello che McCloud dice sulla semantica del fumetto sarebbe interessante anche se fosse trasmesso con strumenti linguistici più consueti. Si tratta, nel complesso, di un autentico breve trattato di semiotica del fumetto, che si preoccupa di dare una definizione precisa del linguaggio, di quali ne siano i segni caratteristici, di come venga fatto scorrere il tempo tra le vignette di una sequenza narrativa, e di come venga, per così dire, “battuto il ritmo” dell’azione. C’è un’analisi attenta di come può essere usata la linea grafica, del rapporto tra immagini e parole e di come cambiano gli effetti a seconda dei vari privilegi che il testo dà alle due principali componenti del linguaggio. Il colore è un altro oggetto di indagine, a metà tra nozioni di psicologia della percezione visiva e teoria dell’arte.

Negli ultimi capitoli McCloud mette tutto assieme, e dopo aver percorso i sei passi necessari per la creazione di una storia a fumetti (idea, forma, “idioma”, struttura, abilità manuale, superficie – ma, come autore, si impara a padroneggiarli nell’ordine inverso) ci presenta, nella migliore tradizione della saggistica anglo-americana, un coinvolgente compendio dei principali concetti esposti nel volume – sempre a fumetti, come è ovvio.

Una lettura insolita, anche per chi non si occupa specificamente di fumetti, visto che non di rado le intuizioni semantiche di McCloud sono di interesse per tutto l’ambito della visività, dal disegno alla pittura al cinema.

Il libro, purtroppo, non è di facile reperibilità. Lo si può trovare presso le librerie specializzate oppure richiedendolo all’editore. L’originale americano (Understanding Comics) è pubblicato da Kitchen Sink Press.

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di Daniele Barbieri

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