Del pennello di Raymond e della resa a stampa

Alex Raymond, Rip Kirby 02-11-1946, dettaglio. Edizione Comic Art 1992

Alex Raymond, Rip Kirby 02-11-1946, dettaglio. Edizione Comic Art 1992

Ecco di nuovo il nostro Maciullatore, questa volta dalla striscia di Rip Kirby del 2 novembre 1946. Siamo nell’ultima striscia di una storia. Il nostro villain, dato poco prima per morto, riemerge dall’acqua e viene salvato da una nave con destinazione Sudafrica, buono per la prossima riapparizione, ma per il momento fuori gioco.

Ho scansionato questo dettaglio dall’edizione da edicola realizzata da Comic Art, pubblicata nel 1992. La potrei trovare anche una bella immagine, magari un po’ scura, se non avessi sotto mano il confronto con l’originale, che potete vedere qui sotto, alla fine del post – scansionato dalla tavola di Alex Raymond conservata presso il Fondo Gregotti. (Ho giocato un po’ di luminosità e contrasto con Photoshop, giusto per rendere bianco il fondo, e per scurire appena quei neri che nell’originale non sono pieni ma nella stampa lo diventerebbero: insomma, in modo da simulare l’effetto di una resa a stampa di buona qualità)

Non vi pare che la differenza sia impressionante? Confrontate gli occhi, o il naso, e il modo in cui – per esempio, le piccole ombreggiature tratteggiate dell’originale diventano una linea spessa di nero nella copia. L’edizione Comic Art è anche leggermente deformata: a parità di altezza, è un poco più stretta. Ma questo sarebbe davvero un peccato veniale, al confronto dello scempio a cui risultano sottoposte le pennellate affilate e intensamente modulate di Raymond, che finiscono per trasformarsi in un blob di melassa d’inchiostro, dove tutte le estremità sono arrotondate, e dove tutte le linee sottili diventano spesse, non di rado fondendosi con quelle vicine.

Come accade? Non è difficile capirlo: si usa una fotocopia della fotocopia di una fotocopia. Spesso con i fumetti storici non ci sono molte alternative; e per un’edizione a basso costo le alternative, anche quando ci sono, non sono economicamente percorribili.

La cosa che stupisce è che Rip Kirby resta molto godibile persino in queste condizioni di stampa; segno che la qualità del disegno non è fatta solo di finezze, ma anche di costruzione plastica complessiva – e quella, nonostante tutto, rimane. Però sarebbe come se, nel leggere un romanzo tradotto da un’altra lingua, l’editore italiano avesse tolto tutti gli aggettivi e tutte le descrizioni di contorno, lasciando solo quello che è essenziale per capire ambientazione e trama. Magari si legge lo stesso. Magari lo si apprezza lo stesso. Però si ignora davvero tutto quello che è andato perduto, e quanto più gratificante sarebbe stato leggerlo nella versione completa!

Alex Raymond, Rip Kirby 02-11-1946, dettaglio dall'originale

Alex Raymond, Rip Kirby 02-11-1946, dettaglio dall'originale

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Di Alex Raymond e del suo pennello

Alex Raymond, Rip Kirby, 3 maggio 1956

Alex Raymond, Rip Kirby, 3 maggio 1956

Quello che vedete qui a fianco è un dettaglio della striscia del 3 maggio 1956 di Rip Kirby, disegnata da Alex Raymond. Il personaggio raffigurato è the Mangler, o il Maciullatore, un sinistro villain ricorrente nella serie. L’immagine è stata scansionata direttamente dall’originale dell’autore, conservato presso il Fondo Gregotti.

Non è stato Raymond a introdurre l’uso del pennello tra i disegnatori americani di fumetti. L’onore va a Noel Sickles, compagno di viaggio e di lavoro di Milton Caniff. Sickles abbandona l’universo del fumetto nel 1936, subito prima che lo stile grafico adottato da lui e Caniff faccia epoca, per diventare lo stile con cui vanno disegnati i fumetti d’avventura in America. Ma nessuno, nemmeno Caniff stesso, o Will Eisner, è arrivato alla padronanza che Raymond ci mostra con questo strumento negli anni di Rip Kirby, e in particolare in questa immagine.

Certo, non è necessariamente tutto opera del pennello, quello che stiamo vedendo. Molti tratti sottili, specie nella zona del viso, potrebbero essere stati tracciati con un pennino – che meglio si presta a ottenere certe spigolosità dinamiche, che caratterizzano tutto il disegno di Rip Kirby (esattamente al contrario di quello che succedeva qualche anno prima con Flash Gordon). Ma poi, anche parecchi tratti sottili da pennino sono stati rafforzati col pennello, per dare più incisività alle ombre – come nella linea del profilo, che dal sopracciglio destro scende al naso e alla bocca.

E comunque, l’effetto drammatico di questa costruzione monumentale, enfatizzata dall’inquadratura con il punto di vista ribassato, è tutto giocato sulle grandi pennellate nere dell’abito e della manica, che creano l’effetto di luce radente, il quale a sua volta permette di vedere il personaggio come colto da una luce violenta e improvvisa mentre emerge dall’ombra.

Il lettore affezionato di Rip Kirby è in grado di riconoscere immediatamente questa figura sinistra, che è stata al centro già di altre avventure del nostro protagonista, e che – ovviamente – era dato per morto. A dire il vero, questa immagine procura un brivido anche se non sappiamo chi è il personaggio rappresentato; tanto più lo farà dunque, quando lo sappiamo.

Ci sono due punti di forza, in questa figura. Uno è ovviamente il viso, che si vede. L’altro è la mano, nascosta nella tasca, ma messa fortemente in evidenza dal gesto, a sua volta sottolineato dalle pennellate delle pieghe della manica. La tasca nasconde probabilmente qualcosa, magari un’arma, o forse solo una mano capace di colpire. Se seguiamo il percorso della manica, vediamo che c’è una linea con tendenza ovale accennata dalla spalla in alto alla tasca in basso. E, conversamente, se da lì risaliamo tenendoci un po’ più a sinistra, un secondo arco conduce alla zona del bavero e quindi al viso. L’attenzione viene in questo modo portata alternativamente dall’uno all’altro dei due luoghi nodali, attraverso due percorsi, uno, discendente, dalla luminosità al buio; l’altro, ascendente, attraverso il buio sino alla luce del bavero e del viso.

Al centro di quel viso, il Maciullatore sta guardando noi, più in basso di lui. Proprio come nella scena madre di un film hollywoodiano, come in un Terzo uomo decisamente più cattivo dell’originale.

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di Daniele Barbieri

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