Siamo sempre qui perche’ e’ difficile staccarsene. Ieri giornata di relax totale, per smaltire lo stress delle jeep. Stamattina alle 8 finalmente le nuvole si sono squarciate, e abbiamo visto, laggiu’, le grandi cime imbiancate, quelle tra i 7000 e gli 8000 metri.
Poi, partenza. Un viaggio piccolo piccolo per arrivare a Binsar, dove c’e’ una riserva protetta, detta (come sempre qui) Santuario della vita selvaggia. L’unico problema e’ che il Santuario si fa pagare la bellezza di 600 rupie a testa, il prezzo piu’ alto che io abbia mai pagato in India per un luogo pubblico – e il Lonely Planet parlava di un biglietto da 100 rupie…
Pazienza. Paghiamo, entriamo e camminiamo. Oltre alla visita a questo bellissimo pezzo di foresta, questa gita ha un altro scopo. In una baita da qualche parte nel parco, Tiziano Terzani ha passato alcuni anni della sua vita, e ci piacerebbe vederla.
Dopo un paio di ore di cammino arriviamo a un piccolo tempio di Lord Shiva, con un simpatico piccolo brahmino. Sta seduta li’ anche una signora, dall’aria distinta. Ci saluta con un saluto inconsueto, e ci mettiamo a parlare con lei. Ci dice che il tempio e’ del XIV secolo, e che lei e’ la proprietaria del resort in alto, quasi in cima alla montagna. Allora la chiediamo se sa qualcosa della casetta di Terzani, e lei sorride, e dice che Tisciano era un grande amico di suo padre, e che, nel libro che racconta l’esperienza; si riferisce a lui come “il vecchio” (lo dice in italiano). Poi ci dice che e’ stata anche a Firenze da lui, e conosce benissimo tutta la sua famiglia.
Poi si ferma e dice: aspettate, adesso vi faccio guidare sino al resort, poi telefono che vi preparino il pranzo, e poi dico che vi facciano visitare la biblioteca di mio padre e la casetta di Tisciano. E poi verso le 5 c’e’ qualcuno dei miei che scende a Kazar Devi (dove stiamo noi) e se volete vi da’ un passaggio. Io pero’ non posso venire con voi perche’ devo andare a controllare come vanno le cose in fabbrica (una fabbrica di tessuti e scialli, dalla quale abbiamo gia’ fatto acquisti).
E cosi’ eccoci accuditi da un gentile servitore che non parla una parola d’inglese, ma ci accompagna per un ripido sentiero sino al resort. Li’ ci offrono subito dell’acqua, poi un te’, e poi, dopo un po’, un ottimo pranzo – tutto con rilassati tempi indiani. Poi la biblioteca e poi ci portano per un altro sentiero poco lontano, a una casetta a due piani, piuttosto bella (ma molto piu’ spartana della lussuosa villa in alto). Ed ecco: lui stava li’, in questo bel posto a 2400 m, con veduta delle grandi cime (salvo nel periodo dei monsoni, cioe’ questo).
Al ritorno facciamo una deviazione per arrivare in cima al monte, e quasi ci perdiamo. Soprattutto, perdiamo l’appuntamento con la macchina che ci deve portare a casa. E ci facciamo quindi a piedi gli altri 6 km del ritorno.
Sulla strada in basso aspettiamo per un po’, ma non tanto, una scatola da sardine per tornare a casa.
Fine. Stanchissimi.
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