Anche se leggermente mossa, questa foto esercita molto fascino su di me. L’ho scattata nel tempio di Kachabeshwarar, a Kanchipuram.
Nel Tamil Nadu, tutti i templi di grandi dimensioni contengono una o più vasche: l’acqua è sacra, in India. Molte volte, però, esse non sono accessibili.
Sarà che quest’acqua in cui vediamo il riflesso dei recinti e delle cupole del tempio mi appare come una metafora del velo di Maya, che ci impedisce di vedere il mondo come è davvero; o sarà per il ribaltamento tra pietra e cielo, con quegli alberi che si intravvedono proprio in basso. Sarà per la composizione a strisce orizzontali, interrotta qua e là dagli eventi. Sarà anche per l’andamento irregolare dei gradini, speculare a quello delle cose nell’acqua.
O sarà appunto per l’evento della marginale conversazione tra quei giovani, a sua volta riflessa dall’acqua, mentre il gesto languido della ragazza che muove il piede nella freschezza della vasca crea un ponte, un tramite tra i due mondi. Sarà perché quel gesto me l’ha fatta desiderare, e qui, nella foto, lo ripete all’infinito.
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