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Diario d’India. Da Delhi

Delhi alle 10 di mattina, piove lento e sottile ma fitto. Fanghiglia dappertutto. Ho passato la notte in treno dopo aver salutato Udaipur. La compagnia degli indiani, quando non hanno secondi fini, e’ molto piacevole. In scompartimento con me c’era una famiglia con una bambina di circa 6 anni, con cui il padre giocava (qui i genitori, anche i padri, sono sempre molto teneri con i bambini), un altro uomo giovane che e’ arrivato elegantissimo in giacca cravatta e scarpe nere, e dopo un po’ e’ andato a cambiarsi (maglietta, pantaloncini e ciabatte), e una signora di mezza eta’ che fa la medica omeopatica, e mi ha spiegato un sacco di cose dell’omeopatia (mentre l’ayurvedica e’ solo una medicina normale un po’ vecchiotta), e mi ha detto che in India l’omeopatia e’ diffusissima.

Tutto benissimo finche’ siamo stati svegli, dunque. Poi si preparano le cuccette, e in realta’ non si dorme: c’e’ chi parla al telefono (l’omeopata), chi accende la luce, chi e’ salito in una stazione intermedia e deve fare il letto; il controllore entra un minuto per controllare non so cosa, accende la luce, ci guarda, conta, spegne la luce e se ne va. Insomma, dormire e’ un’opzione che si puo’ esercitare solo a piccoli tratti. E poi verso le 5 la luce viene accesa stabilmente e la notte e’ formalmente terminata.

Arrivo a Delhi alle 6.45 e trovo subito l’hotel (ma siccome voglio una camera con la finestra, me la daranno solo alle 11). Allora vado in stazione di New Delhi per fare due biglietti di treno, uno per me e uno per mio figlio che arriva domani. Meraviglie della burocrazia indiana: il biglietto per lui non lo posso fare, perche’ non c’e’ il passaporto. E per quel treno li’ non si potra’ fare nemmeno subito prima, perche’ parte troppo presto la mattina. Ho capito: si va in bus, come sempre…

Adesso sono quasi le 11. Vado in hotel, mi faccio una doccia e vado a letto.

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