Questa foto (scattata qui) mi piace perché il suo oggetto si trova in verità relegato nell’angolo in alto a sinistra, e tutto il resto funziona come un grande e diffuso puntatore. Qualunque sia il punto da cui il vostro sguardo inizia il suo percorso, non c’è dubbio che la fine del percorso sarà il faro.
Lo sguardo può correre avanti e indietro, verso l’alto e verso il basso, ma non dubiterà del fatto che in basso sta l’inizio e in alto la fine del percorso. Sarebbe così anche senza la figurina umana tagliata dal margine destro della foto, ma la sua presenza rafforza la sensazione.
Insomma, il faro è il punto statico, che si può riflettere placidamente nell’acqua, mentre tutto il resto si trova in tensione dinamica verso quello stesso punto, e dinamici sono pure gli altri riflessi.
E poi, persino le montagne in alto a destra puntano verso il faro. Sarà il rimando alla forma della punta di freccia, a creare questo effetto? Ciò che si assottiglia tende sempre a puntare verso la sua parte più acuta? Il faro, allora, punta verso il cielo?
Un po’ magari sì, ma il faro è più un cilindro che un cono. E poi, nella misura in cui lo fa, non fa che confermare la tensione verso l’alto che attraversa tutta la foto.
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