“C’è nella vita un tempo in cui essa rallenta vistosamente”: su “L’intervista”, di Manuele Fior

“C’È NELLA VITA UN TEMPO IN CUI ESSA RALLENTA VISTOSAMENTE”: SU “L’INTERVISTA”, DI MANUELE FIOR

Mi era già capitato, scrivendo un post su Cinquemila chilometri al secondo, di trovare un riferimento all’ispirazione di Manuele Fior in una frase di Musil. È l’inizio di “Grigia”, la prima novella di Tre donne:

“C’è nella vita un tempo in cui essa rallenta vistosamente, come se esitasse a proseguire o volesse mutare direzione.”

L’intervista, pur raccontando una storia diversissima, funziona nel medesimo modo: i due protagonisti si trovano a incrociarsi quasi per caso, e ciascuno sta vivendo proprio quel momento di rallentamento, quello in cui la vita potrebbe anche fermarsi, o forse cambierà direzione: in più, anche la società in cui vivono si trova a vivere un momento dello stesso tipo, e gli eventi personali di lei avranno conseguenze per tutti, come si scopre al momento dell’intervista, alla fine del volume, oltre un secolo dopo i fatti raccontati nelle pagine precedenti.

LINT-089-copia

La crisi sembra essere vissuta anche dai colori, scomparsi come sono…

Continua qui, sul blog di Bilbolbul.

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Dell’Intervista di Manuele Fior

Manuele Fior, "L'intervista", Coconino 2013, pp.72-73

Manuele Fior, “L’intervista”, Coconino 2013, pp. 72-73

Più che in bianco e nero, L’intervista di Manuele Fior sembra una storia a colori dove il colore sia stato lavato via. Sarà la carta accuratamente e molto delicatamente giallino-rosata, o sarà la tecnica raffinata di mezzatinta dell’autore, o sarà il modo narrativo di affrontare i temi, sarà tutto questo o forse qualcos’altro ancora, ma sembra quasi di vederli affiorare qua e là, i colori, quelli che poi – ho controllato con attenzione – in verità non ci sono. (Complimenti anche al tipografo, tra parentesi)

Non so se questa graphic novel piacerà al pubblico quanto la precedente. Strano il tema, strano il modo di raccontarlo, strano il modo in cui si passa alle conclusioni. Un futuro che non è fantascientifico se non per accenni, e sempre in secondo piano, a contatto con una quotidianità che per certi versi è identica alla nostra, e per altri contiene elementi diversissimi, e deflagranti – con persone normali, come me e te, che si trovano improvvisamente di fronte a fenomeni radicalmente nuovi, dei quali i più appariscenti sono quelli che meno influiranno direttamente sulle loro vite – mentre sono proprio quelli che sembrano baggianate a trasformare tutto.

Fior, naturalmente, è il solito: un fantastico disegnatore, un narratore sottile e originale. Eppure questa storia, ambientata in uno scorcio di futuro molto simile al nostro presente che è sul punto di aprirsi a un futuro radicalmente diverso, dove uno psicologo cinquantenne in crisi matrimoniale prova una strana passione per una stranissima giovane paziente, questa storia potrebbe facilmente non piacere, perché sembrerebbe mettere insieme elementi troppo disparati, troppo diversi tra loro: elementi intimi, personali, privati, insieme con elementi globali, futuristici, quasi apocalittici. Ma gli uni sembrano confondersi con gli altri.

In realtà, a legger bene, e magari poi a rileggere ancora, ci si rende conto che Fior basa la sua idea narrativa su una meditazione profonda rispetto al futuro e alle sue prospettive di novità, le quali, in verità sono tali proprio perché non sono proiezioni delle aspettative del presente, bensì piuttosto cose inizialmente incomprensibili, che si tende a rifiutare. Anche il protagonista di questa storia tenderebbe a rifiutare il futuro che gli si para davanti, ma quello che gli succede lo rende impossibile.

Il risultato è una storia sottilmente inquietante, in più casi provocatoria, comunque non facile, comunque tutt’altro che ovvia. In questo senso anche l’assenza del colore è una (inquietante) presenza dell’assenza del colore – perché sembra quasi sempre di vederlo, il colore, e le figure sono inchiostrate come se ci fosse; e se ci fosse sarebbe una liberazione; ma la liberazione non c’è. A dire il vero è persino difficile dire se la storia abbia un lieto fine oppure no. La vicenda si conclude; ma che morale dobbiamo trarne? Non è una vicenda di redenzione, o di educazione sentimentale. Non è insomma, una storia morale – ma nemmeno una storia immorale, ovviamente. È come – di nuovo – se Fior ci volesse mettere di fronte alla difficoltà di comprendere il futuro, che non è, una volta tanto, quello che è di solito nelle storie di fantascienza, ovvero una proiezione delle tendenze del presente, arricchito di qualche meraviglia tecnologica (ma nessuno, nella fantascienza storica di qualche decennio fa, aveva previsto il PC e il Web – per la semplice ragione che, nelle tendenze dell’epoca, non c’era nulla che li suggerisse o li facesse aspettare).

 

"L'intervista", pp. 152-153

“L’intervista”, pp. 152-153

 

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Di alcuni omaggi all’Isola dei Morti

Arnold Boecklin, Isola dei morti, terza versione, 1883

Arnold Boecklin, Isola dei morti, terza versione, 1883

Non ricordo più chi sia stato a segnalarmelo. Fatto sta che mi sono trovato nelle note del cellulare un riferimento alla Galleria Ielasi di Ischia, e non ricordavo perché me lo fossi segnato. Sono andato perciò a vedere sul Web, e ho trovato questa pagina di Facebook, dove, scendendo un po’, ho capito il motivo per cui mi ero segnato questo nome.

Non per la mostra su Francesca Ghermandi del luglio scorso (che sarebbe stato comunque già un buon motivo), ma per l’Omaggio a Böcklin esposto in autunno, con opere di numerosi autori, tra cui diversi fumettisti. Riporto qui quelle che ho trovato in giro sul Web, ricollegandomi a un discorso su Böcklin e sugli omaggi al suo più famoso dipinto che avevo già avviato in un post di questo inverno, al quale rimando. Qualcos’altro, di quella mostra, oltre a ciò che sto mostrando qui, si può intuire dalle foto nella pagina di Facebook.

Qui sotto c’è un Bacilieri tristemente dissacrante:

Paolo Bacilieri, Omaggio a Boecklin

Paolo Bacilieri, Omaggio a Boecklin

Segue un Tota popolar-onirico, che trovo, nella sua ironia, molto centrato:

Alessandro Tota, Omaggio a Boecklin

Alessandro Tota, Omaggio a Boecklin

Piero Macola ritrae non l’isola dei morti ma l’isola del Castello Aragonese, proprio vicino alla Galleria Ielasi, a cui pare che lo stesso Böcklin si fosse ispirato:

Piero Macola Boecklin Ischia

Piero Macola Boecklin Ischia

Poi c’è questa tavola di Manuele Fior che sembra ritornare all’origine di tutto (o almeno così si capisce dalla sua spiegazione):

Manuele Fior, Der Maler

Manuele Fior, Der Maler

Trovo inquietante anche questa versione subacquea di Luigi Critone:

Luigi Critone, "Omaggio a Boecklin"

Per concludere, ci metto un’altra immagine, che non c’entra con la mostra, ma è sempre un omaggio a Böcklin, di qualche anno prima, che salda l’immaginario del pittore simbolista con quello dell’Alex Raymond di Flash Gordon (ricollegandoci quindi in chiusura a quello che raccontavo nel mio post precedente):

Philippe Druillet, da "Gail", 1978

Philippe Druillet, da “Gail”, 1978

Da un punto di vista strettamente grafico, forse Druillet non è il più capace dei disegnatori qui riportati, ma è sicuramente quello i cui deliri inquietano di più – ed è perciò, almeno in questo, il più vicino a Böcklin.

 

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Di Manuele Fior che mi inquieta, e perché

Manuele Fior - Cinquemila chilometri al secondo, pag.72

Manuele Fior - Cinquemila chilometri al secondo, pag.72

Ho promesso, qualche mese fa, che avrei cercato di trovare se non la chiave, perlomeno una chiave per capire che cosa mi renda così inquieto leggendo i libri di Maunele Fior. Ora che Cinquemila chilometri al secondo ha vinto ad Angoulême, mi sembra di non potere più posticipare questa ricerca.

Mi sono messo così a pensare. Mi sono riletto il volume. Mi è ripiaciuto moltissimo, forse ancora più che alla prima lettura. Ma la chiave è rimasta nascosta.

Certo, posso dire che è una bella storia, raccontata molto bene e anche molto ben disegnata. Posso dire che i colori di Fior sono ammalianti, ed è molto bello anche l’uso che viene fatto delle varianti tonali per gruppi di pagine, quasi a esprimere degli stati d’animo dominanti. Posso dire che quel modo di trattare l’esotismo è profondo, e che la sensazione di Svezia e la sensazione di Egitto sono tutte e due intense, proprio nella loro diversità; è quasi come se ci stessimo vivendo anche noi. Non c’è niente di cartolinesco, niente di oleografico. Fior è davvero bravo anche in questo.

Insomma, che Fior è bravo si vede, si capisce continuamente: dai disegni, dai dialoghi, dal modo di condurre la storia complessiva… Ma perché mi inquieta? Come fa a prendermi così visceralmente?

Mentre brancolavo alla cieca alla ricerca dell’invisibile chiave, ho avuto un piccolo flash, e mi sono venute alla mente queste parole, lette tanto tempo fa: “C’è nella vita un tempo in cui essa rallenta vistosamente, come se esitasse a proseguire o volesse mutare direzione.” È l’inizio di “Grigia” il primo dei tre racconti che compongono Tre donne, di Robert Musil.

Tre donne è un libro che ho amato molto, negli anni dell’università. Proprio per questo lo regalai come dono di commiato a una donna (il regalo era mio, ma il commiato era stato suo), e smisi di averlo in casa. Qualche anno dopo lo ricomperai in tedesco, nell’illusione che la mia conoscenza della lingua di Musil (che già mi permetteva di leggere con fatica le favole dei fratelli Grimm) fosse sufficiente ad affrontarlo. Ma dopo avere speso due giorni per leggere le prime tre pagine, capii che al mio tedesco mancava ancora parecchia strada (una strada che in verità non ho mai più percorso). Ma quell’esercizio mi aveva lasciato stampato nella memoria quell’inizio folgorante: “Es gibt im Leben eine Zeit, wo es sich auffallend verlangsamt, als zögerte es weiterzugehn oder wollte seine Richtung ändern. Es mag sein, daß einem in dieser Zeit leichter ein Unglück zustößt.”

Che cosa ha a che fare Musil con Cinquemila chilometri al secondo? Non lo so, in verità. Non so nemmeno se Fior abbia letto Musil, anche se sospetto di sì. So però che il romanzo di Fior è focalizzato su alcuni momenti della vita dei suoi protagonisti, e per ciascuno di quei momenti potrebbero valere le parole di Musil. Sono quei momenti di debolezza in cui le costruzioni mentali che tutti noi ci facciamo per portare avanti alla meno peggio la nostra vita si indeboliscono e diventano trasparenti, lasciando vedere quello che c’è dietro. Sono quei momenti in cui la sfortuna potrebbe accanirsi contro di noi, come accade nel racconto di Musil ma non in quello di Fior. Ma sono comunque quei momenti in cui le persone si rivelano non solo nella loro superficie, ma quasi come se la loro pelle fosse diventata trasparente.

Non è un modo occasionale di procedere per Fior: La signorina Else e Rosso Oltremare sono costruiti al medesimo modo. Fior evidentemente sa disegnare e sa scrivere molto bene, ma il fascino delle sue storie deriva dal suo saper guardare le persone e le cose, in superficie come in profondità. E magari – chissà – dall’aver letto appassionatamente Musil, oltre a Schnitzler.

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Di Manuele Fior che mi inquieta

Manuele Fior, Cinquemila chilometri al secondo, pag.72

Manuele Fior, Cinquemila chilometri al secondo, pag.72

Scrivo di Manuele Fior perché mi inquieta. E, poiché mi inquieta, mi sono andato a rileggere La signorina Else e Rosso oltremare; e poi ancora ho trovato sul Web tracce dei suoi libri precedenti, che mi mancano. Non ha smesso di inquietarmi, anzi…

Ci ho trovato segni evidenti di ascendenze che, più oscuramente, si vedono anche in Cinquemila chilometri al secondo: Gipi, Mattotti, Muñoz… Ma questo non smette di inquietarmi: questi segni non dimostrano altro da quello che saprei ugualmente: che è italiano, che è stato un lettore intelligente, che ha scelto con gusto i suoi riferimenti. Resto inquieto perché questo non mi spiega niente.

Come dire: se avessi il tempo di farlo, mi metterei a confrontare analizzare dissezionare il lavoro di Fior. Alla fine non avrei la chiave, ma probabilmente almeno una chiave per capire che cosa mi renda così inquieto leggendolo. E potrei essere più tranquillo. L’ho fatto con Mattotti e con Muñoz, e un po’ anche con Gipi. Prima o poi toccherà anche a Fior. Non sarà nulla di simile a una sentenza definitiva, ma almeno spiegherà a me e a chi mi dà credito qualcuno dei perché di questi brividi.

Tanto, quando un lavoro è di questo livello, non si finisce mai di scoprirci qualcosa, e per quanto si possa rivoltarlo, si offrirà fresco e nuovo alle nuove riletture.

Perché ne parlo se non ho niente di serio da dire? Non vorrei che dopo fosse troppo tardi. Non vorrei che le circostanze mi portassero altrove e questa indagine io non la facessi mai. Per adesso ho da dire che Manuele Fior mi inquieta. Poi forse verrà il resto. Intanto, già da ora, chi vuol capire, capisca.

Manuele Fior, Cinquemila chilometri al secondo, pag.39

Manuele Fior, Cinquemila chilometri al secondo, pag.39

Manuele Fior, Rosso oltremare, pag.1

Manuele Fior, Rosso oltremare, pag.1

Manuele Fior, La signorina Else, pag.32

Manuele Fior, La signorina Else, pag.32

Diffondi questo post:
Facebook Twitter Plusone Linkedin Digg Delicious Reddit Stumbleupon Tumblr Posterous Email Snailmail

Su Facebook

Dalla timeline
di Daniele Barbieri

[fts_facebook type=page id=danielebarbieriautore posts=12 height=1600px posts_displayed=page_only]