Risulta che sono finalista al premio Lorenzo Montano per una raccolta inedita che si chiama cuore amore dolore.
La raccolta organizza poesie che contengono almeno una delle tre parole che costituiscono il titolo. Ecco un esempio:
cuore mio, mio lento cuore, cuore d’amore, sì, come
sì, mio lento amore, dolce mio dolcissimo dolore,sì, piangeva il mio cuore al cuore, il mio amore grondava
dolore, sì, nell’amore gridava l’amore, comemio dolore frastornato, nostro amore scardinato,
sì, sì, davvero d’amore morire
E’ divisa in quattro sezioni: Fiore, Calore, Rumore, Tremore.
Quando avevo quindici anni, scoprii la Quarta Sinfonia di Mahler. La trovai (la trovo tuttora) bellissima, in particolare il terzo e il quarto movimento. Ma quello davvero strano era il secondo, lo Scherzo, basato su una melodia un po’ sghemba suonata da un violino studiatamente stonato. Nella nota critica che accompagnava il disco, là dove si parlava di questo secondo movimento, comparivano le parole “una nuova utilizzazione del banale“.
Questa espressione mi colpì molto, così come mi colpirono, poco tempo dopo, le parole con cui Proust invitava a non disprezzare la cattiva musica, perché era piena dei sogni di tante, tantissime persone. Non disprezzare la musica banale, insomma. Quello che Mahler aveva fatto, in quel suo movimento di sinfonia, era proprio prendere la cattiva musica, la musica banale, e ridarle senso, semplicemente ricombinando le modalità di presentazione e accostamento dei motivi. I motivi, straniati in questo modo dalla particolare modalità di apparizione, dal contesto diverso dal solito in cui si venivano a trovare, non apparivano più banali, pur restando riconoscibili per quello che erano.
Ecco: questo è esattamente ciò che ho cercato di fare in cuore amore dolore. Ho preso sul serio la proposta di Umberto Saba, e ho usato la rima fiore-amore “la più antica difficile del mondo”. Ho giocato con le parole del poetese più abusato, senza escludere la passione, senza escludere i temi preferiti dal poetese più abusato. Che si tratti di un gioco si deve percepire, senza che questo nasconda il fatto che non si tratta di un gioco. Si tratta di ridare senso a quello che lo ha perso, inflazionato dall’abuso poetico.
è quello che voglio dire
è quello che voglio fare
è così che voglio incidere
è così che voglio amare
come un silenzio che grida
voglio entrare nel tuo cuore
come un grido nel rumore
voglio restarci invisibile
voglio restare acquattato
nelle pieghe del tuo amore
come una mistica tenia
che si nutre di dolore
…certo, Daniele, troppo facile fare il bello col bello, il difficile col difficile, il contemporaneo col contemporaneo… Anch’io, Daniele, come Saba ‘Amai trite parole che nessuno, osava’. Bene, adesso ci sei anche tu con questa ‘nuova utilizzazione del banale’, e siamo almeno in due. Sì, prima c’era Saba. ‘Amai la verità che giace al fondo, quasi un sogno’, ma forse adesso è più che un sogno, no? Ida
Grazie Ida