Caro Goscinny

Caro Goscinny

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Caro Goscinny,

mi piacerebbe molto farti gli auguri per i tuoi 90 anni, ma purtroppo sei andato stabilmente in ferie dalla vita quasi 40 anni fa. Sei stato l’uomo del pianeta che mi ha procurato il maggior numero di risate, e della migliore qualità, e non smetterò mai di esserti grato per questo. Sei stato uno dei grandi autori di fumetti del Novecento, e uno dei protagonisti della scena francese degli anni Sessanta, e non smetterò mai di esserti grato anche per questo.

Persino la tua biografia mi ha fatto sognare. Doveva essere magico crescere nella Buenos Aires degli anni Trenta, specie per uno nato a Parigi da una famiglia di ascendenza ebrea polacca. Mica che a Parigi, quando i tuoi se ne andarono perché tuo padre ricevette un’ottima offerta di lavoro laggiù, gli ebrei polacchi ci vivessero male, almeno per qualche anno ancora. È perché in quegli anni l’Argentina doveva essere un luogo incantato, specie per un bambino pieno di immaginazione quale dovevi essere tu. Non c’erano solo i tanghi di Gardel nell’aria, e quella sua misteriosa scomparsa, nel 1935, della quale ancora oggi non si è smesso di parlare; e figuriamoci allora! dai nove anni in poi ci sei cresciuto dentro, a quel mito che aleggiava nell’aria.

E poi leggevi Patoruzù, le storielle di quell’Indio così simpatico e potente, quasi un’anticipazione di Asterix, mi viene da dire. E l’Argentina di quegli anni

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Recensioni d’annata, 1999. Contrappunto. Asterix contro l’idiota

Contrappunto. Asterix contro l’idiota
Il Sole 24 Ore, 17 ottobre 1999

Benché sia circondato da stupidi, che cercano in tutti i modi di creargli dei problemi, Asterix ha un alleato che tutti vorremmo avere: una pozione magica, che lo rende invincibile. Non ha desideri di potere, né ambizioni di ricchezza: se beve la pozione è solo per difendere le ragioni del proprio buon senso contro l’idiozia che lo circonda; perché, a differenza di Superman, il suo nemico non è il male, ma una cosa assai meno epica e molto più quotidiana: la stupidità, appunto.

Lo celebriamo non perché gli abbiano dedicato un film che, nonostante qualche merito, sarà dimenticato assai prima di lui, ma perché saranno tra pochi giorni quarant’anni che il piccolo Gallo ha fatto la sua comparsa sulla stampa francese. E celebriamo – perché va celebrata – l’intelligenza del suo creatore René Goscinny, morto cinquantunenne ben ventidue anni fa.

Celebrare l’intelligenza fa bene. Fa bene al morale, perché ci dà l’impressione che in fondo, in qualche modo, la pozione magica del druido Panoramix un poco esista, e che Goscinny vi avesse attinto con abbondanza. Quarant’anni di successo sono indubbiamente una vittoria, specialmente per un personaggio nato con il solo intento di divertire. Eppure, di diversione in diversione, la strada, al pubblico, è apparsa nettissima.

E’ chiaro. Nonostante l’insistenza di tanti commentatori, non sono i Romani gli stupidi, contrapposti ai sagacissimi Galli: il Cesare di Asterix è persona del tutto rispettabile. Proprio come nel mondo reale, nelle storie di Goscinny la stupidità è pervasiva. Ci sono stupidi tra i Romani come tra i Galli, tra gli Iberici, gli Elvezi, i Germani, e così via; ci sono stupidi tra chi comanda e stupidi tra chi obbedisce; ci sono stupidi da una parte politica e stupidi dall’altra. Ma la stupidità – si badi bene – non è tutta uguale: a quella bonaria e laboriosa di un Obelix, Goscinny ci suggerisce di riservare più che altro un sorriso. E’ quando la stupidità si associa all’avidità, alla pigrizia, all’ottusità nei confronti degli altri e del mondo, al potere, che la sua lama satirica cala feroce. E noi, lettori e cittadini, godiamo.

Quarant’anni senza una grinza, senza una smagliatura nella capacità di farci ridere sembrano la prova che l’intelligenza non ha età. Neanche la stupidità, purtroppo.

 

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Recensioni d’annata, 1996. Sghignazzate con i galli

Sghignazzate con i galli
Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 1996

Tra i fumetti dall’umorismo travolgente – quelli che muovono al riso incontrollato e spasmodico persino il lettore solitario – ce n’è un gruppo con una caratteristica comune. Il cowboy Lucky Luke, l’indiano Oumpa Pah, il perfido Visir Iznogoud (leggere il nome ad alta voce per comprenderne il significato), il gallico Asterix hanno infatti tutti in comune un autore, il francese René Goscinny.

Purtroppo, il più geniale sceneggiatore umorista che il fumetto francese abbia avuto è scomparso nel 1977, quasi venti anni fa, ad appena 51 anni, lasciando un patrimonio di storie che avevano fatto epoca, e la direzione di un giornale, Pilote, su cui si erano formati i migliori autori della generazione successiva, da Gotlib a Fred alla Claire Bretecher. In Francia tante delle sue creazioni continuano a fare cassetta, ma all’estero almeno Lucky Luke e, soprattutto, Asterix, sembrano vivere un successo infinito.

Quest’anno, il piccolo gallo invincibile compie la bellezza di trentacinque anni, e appare davvero strano che, con tutta la sua freschezza e la sua immutata capacità di far ridere di cuore, tanti anni siano passati da quando per la prima volta, nel 1961, le sue storie vedevano la stampa. Goscinny aveva trentacinque anni allora, e già un passato glorioso: quest’anno ne compirebbe settanta.

Asterix inaugurava un modo di far ridere diverso, basato su un paradossale che faceva leva sulle piccolezze del quotidiano. Impossibile dimenticare, per esempio, le folgoranti parodie dei vari popoli europei (o dei loro stereotipi) che, storia dopo storia, si sono susseguite: dai Britanni che interrompono le battaglie per bere la loro tazzina di acqua calda (il tè non è ancora stato scoperto), agli Elvezi isterici per le pulizie, le casseforti e le fondute di formaggio – per non dire della puntualità delle clessidre (gli orologi, ahinoi, non essendo ancora stati inventati) al punto di svegliare con regolarità gli ospiti dell’albergo ogni ora affinché ciascuno possa girare la propria…

(E come dimenticare poi i vari tormentoni? Dai pirati, destinati ogni episodio a rimetterci una nave alla fame epocale di cinghiali di Obelix; dalla distruzione delle centurie romane all’imbavagliamento prudenziale del bardo. Si è trattato della creazione, episodio dopo episodio, di una serie di aspettative intratestuali, sulle modalità della cui soddisfazione si sono innestate poi le più esilaranti invenzioni umoristiche.)

Il cinema non ha fatto che consolidare un successo già enorme, con meriti assai minori di quelli delle storie originali, se pure il pubblico ricorderà soprattutto l’epopea di Asterix e Cleopatra, che certo principalmente nel cinema può fare evidentemente il verso al film con Liz Taylor. Campanilisti senza sciovinismo, i fumetti di Asterix ci mostrano, a noi italiani, una romanità risibile proprio per la sua grandezza – mai negata, ma soltanto contrapposta a una semplicità astuta e fiera della propria autonomia.

Due occasioni ci permettono di segnalare questo trentacinquennale, e il settantennio dalla nascita di Goscinny. Una è l’uscita dell’ennesimo volume della serie, passata interamente nella mani di Albert Uderzo, che ne era stato in precedenza solo il disegnatore. Il volume Asterix e la galera di Obelix, appena pubblicato per i tipi della Mondadori, aggiunge alcune spassose battute e situazioni alla lunga serie che già conoscevamo, confermando tuttavia una volta di più che la maestria di Uderzo come sceneggiatore non è pari a quella che ha sempre dimostrato come disegnatore.

L’altra occasione è una piccola mostra sul piccolo gallo ad Aosta, nella chiesa di San Lorenzo, aperta sino al 24 novembre, di cui abbiamo avuto gradita notizia.

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di Daniele Barbieri

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