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Diario d’India. Da Ajmer

Ecco. Sto scendendo verso sud. Adesso pero’ mi sono fatto furbo e cerco i bus veloci con le poltrone comode, anche se costano di piu’ (da Jaipur ad Ajmer ben 260 rupie, circa Euri 3,50, contro le probabili 150 del bus normale). Cosi’, alle 10.30 ero gia’ qui. Ho trovato subito l’albergo; pulito ma un po’ squallido, ma ci devo stare una notte sola. Domattina proseguo per Pushkar, che e’ vicinissima.

Qui sono venuto per vedere musulmani e jainisti. C’e’ un bel tempio jainista, ma soprattutto contiene uno straordinario diorama che illustra la concezione del mondo dei jainisti. Un oggetto tutto dorato, m.15×10, che va guardato attraverso delle finestre da un corridoio tutt’attorno, che prosegue per due piani. Anche perche’ c’e’ pure una parte aerea del diorama, con tante navicelle volanti a forma di anatra (e qui ci sta) o di elefante (e qui un po’ meno, ma sono bellissime). Ho fatto un sacco di foto. Prima o poi ne pubblichero’ qualcuna. Da qui e’ impossibile.

I jainisti sono una strana setta religiosa, una versione atea dell’induismo: c’e’ la reincarnazione e il samsara e il nirvana, ma non esistono ne’ gli dei ne’ nessun dio. E qui vivono fianco a fianco con i musulmani, per i quali questa e’ una citta’ sacra, perche’ contiene il santuario di un monaco sufi considerato santo, e ci sono un sacco di pellegrini. Il quartiere islamico attorno al santuario e’ davvero particolare. Ci sono persino le macellerie, che in India non avevo ancora visto. Senza frigo, ovviamente, ma con tanto di migliaia di mosche sulla carne esposta. Speriamo sia fresca.

Lo strano e’ che, dentro al santuario poi, la devozione islamica non era per nulla diversa da quella induista. Gente che si riposa, gente che gironzola o chiacchiera. Aree di musica, con raccolta offerte; e un’eccitazione crescente avvicinandosi al santuario, dove il samadhi e’ coperto di fiori, e ne vengono buttati sopra continuamente, portati come offerta dai fedeli. Uguale ai templi di Shiva insomma. Evidentemente il rito lo fa la cultura, e non la religione: stessi gesti, un senso di fondo differente.

Ancora piu’ bella e’ pero’ la rovina della moschea antica, XII secolo. Un merletto islamico costruito attorno a un cuore induista. Era anticamente una scuola di sanscrito (e la parte centrale e’ chiaramente in stile induista) che un conquistatore ha poi trasformato in moschea, aggiungendo parti. In seguito e’ stata abbandonata, ed e’ andata in rovina. Adesso e’ monumento nazionale, ma non e’ piu’ adibita al culto. Un luogo incantevole. Siccome sono un po’ stanchino, tra levatacce e camminate, mi sono seduto sulla pietra appoggiato a una colonna e addormento per un po’. Qui attorno ci sono colline rocciose, ed e’ un gran bel vedere.

Ora sono in un Internet point minuscolo, in un vicolo minuscolo di una via del bazar, pullulante di tutto come sempre. Qui la vita non manca, decisamente, e si fa sentire. Il livello di rumore e’ altissimo.

Ah, prima ho fatto un errore clamoroso. Uscendo dal santuario ho guardato per un’attimo una bambina (8-9 anni) che mi sembrava elegantissima. Un attimo dopo e’ venuta a chiedermi l’elemosina. Ho resistito un po’, poi le ho dato qualcosa. Un attimo dopo ero circondato di mendicanti, insistenti e insistenti, e molto appiccicosi. Non sapevo piu’ come fare. Qualcuno mi ha seguito per quasi mezz’ora. Se il principio e’: ogni volta che dai a uno ne arrivano otto, cosa succede se dai a otto?

 

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2 comments to Diario d’India. Da Ajmer

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