Questa specie di condominio-prigione rappresenta probabilmente l’esempio di un luogo in cui nessuno vorrebbe davvero abitare. Il suo squallore è così grande che non riesco decidermi se sia più terribile la zona a sinistra popolata di finestre, oppure la zona a destra tutta vuota e liscia.
Però, il modo in cui si staglia la luce contro questo bianco, e il modo in cui questo bianco si contrappone al blu intenso del cielo, e quindi complessivamente questa nettezza così intensa della luce, rendono stranamente profondo questo luogo.
Di sicuro non vorremo abitare tra queste mura, ma forse poco lontano da qui ci sarà modo di godere di questa nettezza festiva dell’aria e della luce senza patire quest’incubo. Eppure se guardiamo all’incubo non come un luogo da abitare, ma come una forma pura, astratta, un’idea suprematista, una macchia geometrica di bianco, modulata, a sinistra, dal ritmo uniforme delle finestre, forse allora ai nostri occhi questa visione cambierà aspetto, diventando persino bella e disponibile a essere vagamente presa in giro dai panni stesi qua e là, e dalle piccole imperfezioni dell’intonaco.
In verità, a suo tempo, più o meno qui, ho visto e scattato. Ero già consapevole sia del bene che del male che mi si stagliavano davanti.
ma quand’è che l’architettura ha cominciato a rendere il mondo sempre più inabitabile?