Questa foto dal contenuto complicato è stata scattata la sera successiva alla foto contenuta nel post del 5 giugno, dalla medesima terrazza (in attesa di ripetere l’esperienza gastronomica della sera prima), ma da un tavolo diverso, giusto un paio di metri dal precedente. Nonostante la sovraesposizione, si può distinguere, nell’angolo della foto in basso a destra, la bancarella della foto precedente. Alle sue spalle c’è la grande cisterna buia; davanti e attorno le vie illuminate e affollate.
Tutta quella luce ha ovviamente un’alimentazione elettrica. E non potevo dunque non fotografare questo totem dell’improvvisazione elettrotecnica che si trovava proprio di fronte a me!
Questo oggetto ha davvero qualcosa di straordinario – ma solo per noi: in India, a quanto o potuto osservare poi, è un fenomeno diffuso e normale.
Nonostante la sovraesposizione e la confusione, questa foto a me piace, e non solo per la paradossalità del suo oggetto. Il fatto è che quando si riesce a dipanare la massa degli stimoli visivi, e a separare visivamente il mostro in primo piano dallo sfondo, vi appare una vita ricca e vivace, insieme a un grande spazio di silenzio e di oscurità. La complessità inestricabile della rete dei contatti elettrici che si vede qui, e ci fa sorridere, corrisponde a una complessità inestricabile della cultura indiana, i cui collegamenti sono spesso imprevedibili – e ci danno l’idea di un garbuglio senza né capo né coda.
E invece, incredibilmente, la cosa funziona, esattamente come questo impianto elettrico. Chissà: magari a un occhio indiano potrebbe apparire semplicissimo, immediatamente evidente nella sua banale ovvietà!
A Bucarest gli elettricisti di strada sono dei dilettanti, rispetto ai maestri indiani di cui hai ritratto le gesta. Ma a parte la paradossalità dell’oggetto, del quale scrivevi, mi ha convinto il parallelismo che ne hai fatto con l’India, vista come un dis-organismo dis-organizzato, eppure vivo e vitale.
Ben più vivo e vitale delle cattedrali del commercio di matrice statunitense, ritratte, ad esempio da Brian Ulrich http://tinyurl.com/brianulrich-retail
In questo caos indiano c’è più gioia di vivere.
Ho visto le foto di Brian Ulrich che mi indichi. Lui è molto bravo, ma quello che fotografa… È quasi (quasi) un incubo alla Diane Arbus.
Anch’io preferisco la mia India pittoresca e arruffata.
db