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Diario d’India. Da Almora (ancora)

Oggi siamo stati a Jageshwar, un posto in mezzo alla foresta dove c’e’ un tempio del VII secolo (e un villaggio gli e’ ovviamente cresciuto di fianco per accogliere i pellegrini).

Devo dire che e’ abbastanza impressionante. Siamo arrivati stamattina verso le 10, con tempo molto nuvoloso, molto umido. In mezzo a questi giganteschi cedri himalayani, c’era questo groviglio di piccoli e grandi edifici di culto, dentro il recinto generale. Tutti in pietra spesso coperta di muschio, generalmente a pianta quadrata (talvolta con un piccolo atrio, quelli grandi) con sopra una alta copertura a forma di piramide tronca bombata, con uno strano fastigio rotondo in cima.

Dietro al recinto un cedro doppio davvero gigantesco, e una colonna di fumo che gli saliva di fianco. Dentro al recinto un sacco di gente (e’ in corso un festival religioso), che cammina, fa cerimonie, cerca di coinvolgerti, ti annoda un braccialetto di corda (segno votivo – ma gli devi dare qualche rupia). Nel recinto, tra piccoli e grandi, ci sono piu’ di 110 edifici; hanno tutti la stessa forma a base quadrata, ma ci sono quelli alti un metro e mezzo e quelli di 15 metri. Le decorazioni sono affascinanti, e ne ho scattato un sacco di foto.

Ma quello che non si puo’ fotografare e’ la fascinazione complessiva di questo luogo con la foresta sullo sfondo, del colore grigio della roccia, con tutti i colori vivaci dei vestiti delle donne, gli odori, i suoni delle cerimonie (tamburi, campane, voci salmodianti…), il coinvolgimento collettivo che finisce per prenderti talmente tanto che a un certo punto ti senti quasi soffocare, come fossi arrivato alla saturazione dei sensi…

Ho capito perche’ gli indiani sono cosi’ indifferenti al frastuono infernale del traffico nelle loro citta’. Nel tempio e’ lo stesso, anche se le voci e i suoni sono quelli piu’ armoniosi (se presi uno per uno) delle cerimonie: l’effetto d’insieme e’ comunque quello di una stranamente coinvolgente cacofonia.

Quando siamo usciti, dopo almeno tre ore, da questo labirinto di templi tempietti templini, siamo entrati in un “ristorante” dove abbiamo pranzato con 60 rupie a testa (75 centesimi di euro). Poi siamo usciti dal paese per andare a vedere l’altro tempio, quello “solo” del IX secolo, a circa un kilometro.

Un recinto molto piu’ piccolo, con appena una decina di edifici. Ma li’ non c’era quasi nessuno. Altro fascino, ma pure quello molto apprezzabile. E poi, qualcuno sa se sia solo un caso che le decorazioni di questi templi hanno vari punti di contatto con le decorazioni dei templi dei Maya? Deve essere un caso, pero’ la somiglianza, qua’ e la’, non e’ piccola.

Un piccolo dettaglio contingente, per cambiare registro. Quando discutete sul prezzo col taxista, attenti a non capire six hundred, quando lui dice sixteen hundred. Non e’ la prima volta che ci casco. L’inglese di molte persone qui e’ cosi’ approssimativo che ci si intende alla bene meglio. Ma in qualche caso nascono anche dei problemi…

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