No pass, no vax: distinzioni troppo sottili?

Sono vaccinato, favorevole ai vaccini e contrario al green pass, un ossimoro nei termini della vulgata recente, che assimila i no pass ai no covid-vax, e i no covid-vax ai no vax tout court, e questi ultimi, sempre più frequentemente, ai fascisti. Sappiamo bene, se ci riflettiamo un attimo, che nessuna di queste assimilazioni è valida, ma il giudizio dei più, anche tra le persone che si ritengono di sinistra, funziona di fatto come se lo fossero. Dall’altra parte, si accusa il governo di deriva autoritaria, di aver promulgato delle regole anticostituzionali, che ledono il diritto di quei lavoratori che non hanno fatto il vaccino; e c’è addirittura chi equipara il green pass al famigerato tesserino di appartenenza al Partito Fascista, che in quegli anni tristi era di fatto quasi indispensabile per poter lavorare.

La matassa è molto imbrogliata, troppo per i miei sforzi interpretativi, ma qualche nodo posso provare a scioglierlo, sperando che serva a chi ne scioglierà poi qualche altro.

La prima osservazione che mi viene da fare riguarda il dissolvimento di senso delle espressioni destra e sinistra, in campo politico. Si è sempre trattato di un’antinomia riduttiva e semplificatoria, ma per molto tempo ha sostanzialmente retto: a sinistra ci stava chi sosteneva la fraternità, la libertà e soprattutto l’uguaglianza (politica, sociale, economica); a destra chi sosteneva l’imprescindibilità dello Stato e della sua forza, al di sopra di quegli stessi valori. E tuttavia, verso destra ci stavano pure i liberisti, promotori di una libertà di impresa che è comunque una libertà che può contrapporsi allo stato, ma che sappiamo quanto si contrapponga al valore dell’uguaglianza, specie economica. E quando Berlusconi parlava di diritti civili, e di strapotere della magistratura, a noi che ci consideravamo di sinistra si rizzavano tutti i peli; perché era comunque evidente che quella libertà individuale era prima di tutto la sua personale.

Inoltre, per molti anni la sinistra storica ha avuto come riferimento un paese, l’Unione Sovietica, dove forse un po’ di uguaglianza economica c’era, ma di tutti gli altri valori sopraelencati il governo sovietico appariva come il più radicale oppositore, non molto diverso, in questo, dal nostrano fascismo. Differenziarsi era doveroso, e il PCI lo fece; ma rimase comunque a lungo (e in parte rimane) nel partito uno spirito di obbedienza, del resto necessario alla compattezza necessaria per vincere le battaglie – ma in ogni caso contrario, in sé, al valore della libertà.

Oggi le cose sono ancora più confuse. Resta chiaro soltanto che i fascisti sono di destra, e i leghisti stanno loro vicini, in quanto legati, ciascuno a suo modo, a un passato in cui erano ancora legittimamente riconoscibili come tali: da questo passato non sanno staccarsi, ed è facile, quindi, definirli di destra. E la sinistra?

La libertà rivendicata dai no vax è di sinistra? La dittatura del proletariato, ancora sostenuta da qualche nostalgico d’altro tipo, è di sinistra? Sarebbe facile definire tanto più di sinistra qualcuno quanto più è lontano dalle idee della destra: e spesso finisce proprio per essere così! Ma questo, di fatto, non fa che avallare la scarsa significatività della parola sinistra.

Non dimentichiamo che nel 1919 il programma del neonato Partito Nazionale Fascista era pieno di intenzioni sociali progressiste, che non esiteremmo a definire di sinistra. Del resto, la parola fascista, in quegli anni, era sinonimo di socialista rivoluzionario, o di sindacalista estremista; era semmai l’appellativo Nazionale a fare la differenza. Del resto, pochi anni dopo, Hitler avrebbe chiamato il proprio partito Nazional-Socialista, nello stesso spirito, ma dove l’appellativo Nazionale aveva risvolti razzisti che in Italia sarebbero entrati in gioco non prima di una ventina di anni dopo. In quel 1919 era di destra il fascismo? Era davvero riconoscibile come tale? Non facciamoci ingannare dalla prospettiva: a noi oggi è evidente che lo fosse, visto quello che è successo dopo, dallo squadrismo (1921) in poi. Ma nel 1919 essere un socialista rivoluzionario con risvolti nazionalisti non era così chiaramente una posizione di destra, e Mussolini poteva portarsi dietro anche molti socialisti sinceri.

Molte persone che si sentono di sinistra difendono il vaccino covid in nome della fraternità: se tutti ci vacciniamo, i deboli saranno maggiormente tutelati. Oltre a proteggere noi stessi, abbassiamo la probabilità di contrarre la malattia per coloro che vaccinare non si possono, per la delicatezza della propria situazione complessiva. Anch’io la penso così, e trovo immorale la posizione no vax di principio, secondo cui anche le persone sane non devono vaccinarsi e non lo fanno.

Temere per la propria salute futura è legittimo (“non sai cosa ti inietti, e che conseguenze potrà avere domani sul tuo corpo”), ma anteporre questo timore alla speranza di vita dei deboli non segue esattamente un principio di fraternità. So bene anch’io di essermi sottoposto a un rischio, ma ritengo che sia stato mio dovere sociale farlo.

Aggiungiamo che per molti no vax, l’opposizione ai vaccini fa parte di un vagheggiato ritorno allo stato di natura, e si associa al cibo biologico e alla medicina naturale. Nessuno si accorge che quando si era più vicini a quello stato di natura, la stessa concezione dell’individuo e della morte erano assai diverse; e nessuno si sarebbe sognato di pensare cose come “il mio corpo è mio e non voglio che sia penetrato da sostanze sconosciute”. Anch’io cerco di mangiare cibo biologico e di avvalermi della medicina naturale, ma non spero affatto che questo mi ricongiunga o mi riavvicini a uno stato di natura, in cui i valori di fraternità, libertà e uguaglianza perdono completamente di senso.

Condannare la posizione no vax è una posizione etica, un po’ come condannare il leghismo. Cosa succederebbe se, per conservare il posto di lavoro, bisognasse avere il No-Lega Pass, un pass che dimostra che non si è elettori della Lega? Chi si considera di sinistra non dovrebbe protestare ugualmente, anche se i diritti lesi sono di altri, e di altri che possiamo, sotto molti aspetti, considerare immorali? Un altro dei principi, di origine illuminista, che guida la sinistra, dovrebbe essere quello della tolleranza, secondo il quale dobbiamo tollerare le opinioni diverse, e persino difenderne la legittimità. Se c’è un indizio certo della destrità di una posizione, è proprio il non rispetto delle minoranze, sempre in nome, certo, della forza dello Stato.

Sappiamo che il principio di tolleranza comporta un paradosso, per cui la tolleranza non può tollerare chi non tollera la tolleranza, pena la sua annichilazione. Il fascismo è fuorilegge in Italia anche per questo, per aver dimostrato di non tollerare le opinioni diverse.

Ci sono quindi eccezioni, per quanto estreme, al principio di tolleranza. Ma, per quanto possiamo ritenere immorale la posizione dei no vax, essa forse mette in pericolo la tolleranza stessa? Certo, assimilare i no vax ai fascisti (magari promuovendo nascostamente l’infiltrazione dei più beceri tra loro in una manifestazione con intenti pacifici, e inducendoli a ritornare gloriosamente alle origini, come una squadraccia di cento anni fa, che irrompeva in una sede sindacale e distruggeva tutto!) semplifica l’operazione, squalificandoli a priori. D’altra parte le destre, fascista e leghista, hanno sempre pescato nelle sacche di scontento non rappresentato dalla sinistra. Qualcuno dei no vax si è lasciato convincere; qualcuno non ha capito e ha involontariamente tollerato. Tra immorali ci si capisce, anche se le posizioni rimangono diverse.

Ora, perché in Italia c’è il green pass e altrove, quasi dappertutto, non c’è? Non credo sia corretto paventare un ritorno del fascismo: la nostra società, la nostra cultura è ormai ben difesa contro questo. Lo dimostra, tra l’altro, la strategia di screditare un movimento associandolo ai neofascisti. Tuttavia, proprio come nel 1919 sarebbe stato ben difficile prevedere l’evoluzione del neonato Partito Nazionale Fascista, perché tutto era nuovo; allo stesso modo, non dobbiamo temere la rinascita di qualcosa di vecchio e sputtanato dalla storia, bensì l’insorgenza di qualcosa di nuovo.

Chiamiamolo il draghismo. Pensiamo a che cosa è stato in Argentina, nei Cinquanta, il peronismo. Perón ha avuto un sostegno popolare enorme, ha avviato politiche di rinnovamento, anche con istanze che potremmo definire di sinistra. Quando ha incominciato a perdere potere, ha però anche incominciato a perseguitare gli avversari politici, e a reprimere. Questo suo stesso atteggiamento ha reso meno odiosi i colpi di stato che l’hanno deposto e seguito, agli occhi della popolazione – ma poi è stato chiaro che dalla padella si era caduti nella brace. I pro e i contro del peronismo sono ancora oggetto di discussione.

Dove potrà andare il draghismo è difficile dirlo. Certo il sostegno pubblico ai suoi provvedimenti è vasto e preoccupante. In questo, Draghi è riuscito è coalizzare gli italiani contro un nemico non controverso, il covid, riuscendo là dove Salvini era (per fortuna) riuscito solo in parte con i migranti, un nemico che molti di noi non possono sentire come tale. Non solo: è riuscito anche a polarizzare le posizioni, rendendo più estremisti i no vax (terrorizzati dall’idea dell’introduzione di una sostanza sconosciuta nel proprio corpo), e anche i pro vax (spesso terrorizzati a loro volta dal covid), facendo diventare difficile il dialogo, aprendo le porte a un conflitto che – la storia ci insegna – può essere un’ottima scusa per svolte autoritarie, dalla Marcia su Roma in poi. Non sarà in nome della sicurezza, stavolta, ma in nome della sanità (che è comunque un altro tipo di sicurezza): ho letto qualcuno, on line, che sosteneva che il diritto alla salute è ancora più importante di quello alla libertà; e un’opinione come questa può diventare un’ottima base per legittimare una dittatura sanitaria.

Detto questo, non credo che Draghi sia controllato dalle multinazionali, o almeno non più di chi l’ha preceduto come Presidente del Consiglio. Semmai, la sua esperienza a capo della Banca Centrale Europea, dovrebbe avergli insegnato come trattare con loro, e dovrebbe quindi saperne di più, in merito, di chi l’ha preceduto. Il punto non è questo: è semmai che Draghi rappresenta in modo esemplare il dominio dell’economia. Del resto era presidente della banca centrale di quella che è stata la Comunità Economica Europea, e non la Comunità Etica Europea. Difficile attendersi da lui scelte etiche, indubbiamente.

Qualcuno suggerisce che la stretta sulle vaccinazioni che consegue dalla politica restrittiva sul green pass serva a far sì che l’Italia, in quanto paese più vaccinato del mondo, possa prima degli altri tornare a far marciare l’economia, godendo così di un vantaggio nel prossimo futuro. Può darsi, e presumibilmente ne godrebbero tutti gli italiani; però, al momento, chi ne fa le spese sono i lavoratori, come sempre; i quali non saranno neanche quelli che ne godranno di più. È etico, questo?

Se questa ipotesi è vera (e a me sembra perlomeno plausibile), allora possiamo dire che se la scelta no vax è una scelta immorale, perché privilegia la mia personale integrità rispetto a quella dei deboli, altrettanto immorale è l’imposizione di fatto del vaccino tramite il green pass, perché privilegia il guadagno di alcuni rispetto a quello di altri. Ah, già! Ma il capitalismo è fatto così! Giusto! È per questo allora che il green pass non scandalizza i più, persino quando continuano a sentirsi di sinistra?

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di Daniele Barbieri

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