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Recensioni d’annata, 1994. Teste parlanti con poesia

Teste parlanti con poesia
Il Sole 24 Ore, 8 maggio 1994

Piccolissima casa editrice di Spoleto, la R&R Editrice non ha pubblicato molto. Ma, se ci fosse modo di misurare la qualità dei suoi libri, probabilmente essa si troverebbe al di sopra di molte altre case. E non si tratta solo della scelta, sempre oculata, originale e felice, dei testi a fumetti da pubblicare, ma anche della cura minuziosa con cui viene progettata e realizzata la stampa, con risultati eccellenti anche per prodotti di prezzo medio-basso. L’almanacco Talking Heads è un oggetto grato alla vista, al tatto, e persino all’odorato, sin dal primo contatto. Grande, patinato, ma modesto nella scelta della copertina in brossura, bianco e grigio con i titoli in rosso. Oggetto librario dedicato all’illustrazione e al fumetto in bianco e nero. Perché bianco e nero? Perché c’è un’essenzialità, una sinteticità particolare nell’immagine realizzata con il solo nero, qualcosa che la chiassosità dei colori disperde. L’immagine in bianco e nero si contrappone a quella a colori un po’come la poesia si contrappone alla prosa, tanto più ricca vivace e versatile questa, ma incapace di raggiungere certe profondità di quella.

Quando si apre il libro, fatto di sole immagini e brevi storie a fumetti, per lo più mute o quasi, e realizzato con un buon numero di contributi, italiani e stranieri, non tutto è davvero all’altezza della promessa della confezione. In compenso, però, qualcosa vale anche di più. Suggestive e inquietanti sono le Talking Heads di Neil Moore (da cui il titolo dell’almanacco), figure di persone aventi come testa chi un bollitore, chi un albero spoglio, chi una scala, chi un bidone dell’immondizia. E quando si arriva al personaggio che ha una testa finalmente umana, questa non appare meno oggettificata, meno “cosificata” delle altre. Una tecnica minuziosa, da acquaforte, rende ancora più metafisiche queste silenziose assurdità. José Munoz e Gabriella Giandelli sono presenti con alcuni dei disegni senza tema preciso. E Massimo Giacon racconta una piccola storia paradossale dove la perfidia infantile prosegue senza soluzione di continuità nell’amarezza della solitudine adulta, senza mai perdere il filtro dell’ironia. Altri autori, più giovani, completano il volume, con prove spesso interessanti, e comunque mai banali.

Resta da parlare del testo più notevole del volume, che varrebbe da solo a giustificarne l’acquisto. È la storia breve (ma più lunga delle altre) Il segreto del pensatore di Lorenzo Mattotti, un vero poemetto grafico in punta di pennino. Un uomo si addormenta sotto l’albero del pensatore, guardando le nuvole correre e trasformarsi nel cielo. Ed ecco così venti pagine di trasformazioni delle nuvole, che configurano personaggi bizzarri e accenni di storie, storie che poi, come le nuvole, si dissolvono e trasformano in altre, e così via. Ci vuole un grande artista (e poeta) come Mattotti per rendere consistente una materia così fragile. Le sue immagini sono l’esatto coronamento della poetica del bianco e nero che ha ispirato l’almanacco: costituite da poche linee sottili di pennino, tutta la loro forza è costruita attraverso il modo in cui queste linee si ispessiscono e assottigliano, si incurvano o aggrovigliano. Il susseguirsi delle vignette dona poi alle immagini un’ulteriore fluidità, quella della trasformazione nel tempo, del divenire del senso.

Poesia grafica, senza parola, sensuale e avvincente. Non sappiamo ora se questa giovane piccola arte diventerà grande e accademicamente riconosciuta. Se succederà, bisognerà ricordarsi che è partita anche da qui.

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