Venerdì sera, al corso sul fumetto che sto tenendo (e ormai volge al termine), parlando di Sergio Toppi ho avuto una piccola illuminazione su di lui. Stavo parlando di Sharaz-de, e del modo in cui Toppi costruisce un effetto mitico, sintetizzando al massimo la storia ma espandendo gli elementi caratterizzanti, sia quelli stilistico-verbali che (soprattutto) quelli grafici. Le figure presenti nelle sue pagine alla fin fine sono molto poche, ma i segni con cui sono disegnate sono moltissimi e fortemente evocativi. L’effetto complessivo è quello di un racconto molto rapido (proprio come sono le favole e le leggende) ma di grande profondità, carico di un’infinità di rimandi potenziali. È come se il racconto, alla fin fine, non fosse che un espediente per far avanzare un meccanismo che, in realtà, vive sostanzialmente di altro.
Questo altro è il sistema delle evocazioni, come succede in poesia, ma come succede soprattutto in musica. È di questo che mi sono di colpo accorto, osservando che, pagina dopo pagina, si ripresentavano figure, forme, dettagli, anche al di là della loro specifica necessità per lo sviluppo della storia. Tutto accade, in queste pagine, come in un brano di musica in cui coesistono vari motivi, che si presentano e poi ritornano a più riprese, intrecciandosi con altri, e con lo sviluppo che la musica sta avendo in quel momento. In certi punti questi motivi ritornano in maniera netta, in altri appena appena accennati, mentre il discorso principale è un altro.
È un modo di lavorare non così diverso da quello che caratterizza la musica di Wagner, per esempio, con i suoi leitmotiv, anch’essa con un sottofondo narrativo (sempre di melodramma si tratta), ma molto più concentrata sull’evocazione musicale che sul racconto.
Guardate, per esempio, nella sequenza di pagine che riporto qui sopra (occorre ingrandire, naturalmente) come ritornano le figure della città, dell’uomo a cavallo, del nastro intrecciato, della lama fortemente ricurva. Al di là della capacità (straordinaria) che Toppi possiede nel costruire le singole pagine, queste ricorrenze forniscono un’unità dinamica al testo. E anche l’assenza o grande scarsità delle vignette, che rende le pagine degli organismi graficamente unitari, contribuisce alla fluidità del risultato, come fosse davvero un giustapporsi di masse e motivi non sonori ma grafici. (E guardate come nell’ultima pagina qui riportata il passaggio dalle tre vignette piccole in alto all’immagine grande del banditore dia graficamente l’idea di un improvviso fortissimo, ancora prima di leggere le parole)
Lo si potrebbe quasi suonare, nel complesso, questo testo…
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