Avevo preso questa foto (proprio qui) perché mi aveva colpito il riflesso nel vetro della guglia modernista della torre, senza accorgermi che, in realtà, avevo scelto proprio quel punto di ripresa perché c’erano pure altri riflessi che mi stavano intrigando. Guardate per esempio la figura del generale Lavalle in alto sulla colonna, e ritrovatene a destra il riflesso parodiato proprio nella guglia (che a sua volta si riflette nel vetro). Più a sinistra della statua, in alto sopra una terrazza, c’è una strana architettura metallica che lancia la sua punta verso il cielo, proprio come la cipolla rossastra a destra sotto la guglia.
Non posso impedirmi di pensare, sorridendo, che quell’intrigo di cavi elettrici che collegano le case in alto, sia anche un intrico di legami simbolici, come a evidenziare il fatto che le cose si rimandano tra loro, e che una città non sia forse che un mostruoso labirinto, dove ciascuna cosa ci rinvia pervicacemente a un’altra, senza mai fine.
E non c’è dubbio che l’ombra (in questo luogo certamente pertinente) di Jorge Luis Borges stia aleggiando su queste parole. (oltre che su queste, e queste, e queste)
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