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Diario d’India. Da Varanasi/Benares (ancora)

Qui la vacanza si avvia al termine, ma in crescendo. Il Gange e’ sempre un poco piu’ alto, e ieri sera, per raggiungere un ristorante un po’ lontano, siamo stati costretti a un’affascinante gimkana per vicoletti poco illuminati (sino a perderci), perche’ la via diretta era invasa dall’acqua del fiume, sino al ginocchio (e nei vicoletti l’acqua non e’ proprio quella del fiume: solo a immaginare il mefitico miscuglio la mia coscienza di occidentale rabbrividisce). Poi, il nostro maitre ha previsto che nel giro di due o tre giorni l’acqua arrivera’ alla main road, dove sta il nostro albergo. Andremo a prendere il treno in barca.

In compenso, minaccia di piovere e non piove. Il maitre ha detto che quest’anno qui e’ piovuto molto poco. Il monsone si e’ sfogato sulle montagne, provocando questa piena inconsueta del fiume (quarant’anni, o piu’, che non era cosi’ alto). Quindi, fa un caldo bestia.

Ieri, andando in un paese qui vicino di cui non riesco a tenere a mente il nome, visitando i luoghi in cui il Buddha fece la sua prima predicazione, il caldo era tale che mi scendevano le gocce di sudore dappertutto. Pero’, cacchio! (si puo’ dire cacchio?) eravamo li’, sotto un ficus religiosa cresciuto da un rametto di un albero che si trova a Sri Lanka (e che io vidi molti anni fa), a sua volta ricavato da un rametto del ficus sotto il quale Siddharta ebbe la sua prima illuminazione sul rapporto tra desiderio e dolore, in un luogo a pochi chilometri da qui. Siate buddisti o no (e io no) vi sfido a venore in un posto del genere senza che un brivido vi corra costantemente addosso. Siddharta e’ stato un uomo di una sottigliezza di pensiero ineguagliabile. Prima che Platone fondasse la filosofia occidentale, lui era arrivato a conclusioni che sotto certi aspetti non sono lontane da quelle della Dialettica Trascendentale di Kant. E, comunque la si pensi, quel primo discorso ai suoi discepoli ha fatto la storia.

Attorno ci sono templi e santuari costruiti da tutte le nazioni buddiste dell’Asia: ovviamente i tibetani, i tailandesi, i giapponesi, Sri Lanka… Il discorso del Buddha, attorno al luogo sacro, e’ riportato molte volte in ciascuna lingua (e relativa scrittura) di tutte le nazioni in cui il buddismo e’ presente. Uno spettacolo di forme di scrittura differenti! (io sono piuttosto sensibile al tema)

Poi ci sono le rovine dell’antica citta’, distrutta dagli invasori musulmani nel XII secolo (sempre loro), con tutti i monasteri e gli stupa. E poi il museo, dove sta il capitello con i leoni che e’ il simbolo dell’India, e sta sulle monete.

L’altro ieri, invece, siamo stati oggetto di una ridicola truffa. Siamo partiti, per vedere la parte meridionale della citta’, e dopo poco abbiamo conosciuto un simpatico tipo, che parlava bene inglese, e si e’ presentato come bengalese, e (stranamente) non ci chiedeva dei soldi. Ci ha raccontato delle cose del posto in cui eravamo, della sua vita, del suo mestiere. Poi quando gli abbiamo detto che stavamo andando in un certo posto, ha detto che ci stava andando anche lui, e che ci accompagnava.

In breve e’ diventato la nostra guida, e ci ha in effetti accompagnato in posti che non avremmo trovato senza di lui. Poi ci ha aiutato a prendere un riscio’ per arrivare al palazzo del maharaja di la’ dal fiume, contrattando sul prezzo, ci ha portato a mangiare, rifiutando l’offerta di mangiare con noi (perche’ aveva gia’ mangiato, e non voleva farci sperperare denaro), e alla fine, quando siamo andati a vedere un museo (che lui gia’ conosceva) si e’ offerto di andare lui a comperare un oggetto che sapeva che stavamo cercando, e che lui sapeva dove prendere a un costo piu’ basso.

Cosi’ gli abbiamo affidato una piccola cifra, 400 rupie (5 euro), non sospettando nulla, anche perche’ non ci sembrava plausibile essere truffati per quell’importo. Piu’ probabile – ci sembrava – che ci chiedesse qualcosa alla fine per tutti i servizi (e tra quello, e un po’ di commissioni chieste nei posti dove ci aveva portato, probabilmente avrebbe guadagnato di piu’).

E invece e’ scomparso. All’ora dell’appuntamento non si e’ visto. L’abbiamo aspettato mezz’ora e niente. Il taxista ci ha fatto una faccia come per dire: e’ ovvio! Potevate capirlo anche prima. Si’, va bene, siamo italiani, quindi anche un po’ napoletani: ma cinque ore di lavoro per truffare cinque euro e’ qualcosa a cui non potevamo credere. Troppo ridicolo per essere vero!

Un’ultima osservazione. I vicoletti di Varanasi sono affollati, ma la dimensione e’ ancora umana. Ma le strade, specie verso sera, sembrano una specie di succo vischioso fatto di persone, vacche, cani, bici e motociclette, che scorrono in una direzione o nell’altra con un flusso localmente schizofrenico ma nel complesso regolare. E tu ci sei dentro e ne sei parte. Non avevo mai visto tanta gente stabilmente ammassata insieme. Stabilmente: cioe’ non in occasione di un particolare evento, ma perche’ questa e’ la norma. Un Gange di gente (e mucche, e cani, e biciclette, e riscio’ a pedali, e moto, e clacson, e clacson, e clacson…)

Ah, i tori di Varanasi sono i piu’ grandi che abbia visto in India. Stanno li’, in mezzo alla strada, tranquilli ed enormi. Tutti li scansano. Sono sacri, e loro sanno benissimo di esserlo.

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2 comments to Diario d’India. Da Varanasi/Benares (ancora)

  • Piccolo aggiornamento, pochi minuti dopo.
    Si sta preparando un temporale coi fiocchi: nuvoloni, vento fresco improvviso, la luce che va e viene, tensione nell’aria. Speriamo solo che il Gange non debordi troppo!

  • Daniele Barbieri commentato su Guardare e leggere:

    Piccolo aggiornamento, pochi minuti dopo.
    Si sta preparando un temporale coi fiocchi: nuvoloni, vento fresco improvviso, la luce che va e viene, tensione nell’aria. Speriamo solo che il Gange non debordi troppo!

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